venerdì 28 dicembre 2012

Edgar Morin


E’ necessario che tutti coloro che hanno il compito di insegnare si portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo.

"Riforma del pensiero" e "Politica della Civiltà"

(civilisation tradotto in italiano è civiltà). L'autore ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una "riforma del pensiero", affrontando le questioni centrali che pone alla base delle sue riflessioni sull'umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità.
In Morin è anzitutto fondamentale la distinzione tra civiltà' e cultura. La cultura è l'insieme delle credenze e dei valori caratteristici di una determinata comunità. La civiltà è invece il processo attraverso il quale si trasmettono da una comunità all'altra: le tecniche, i saperi, le scienze.
Morin sostiene che "la cultura, ormai, non solo è frammentata in parti staccate, ma anche spezzata in due blocchi": da una parte la cultura umanistica "che affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze", dall’altra, la cultura scientifica che "separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa". A ciò va aggiunta la sfida sociologica: "l’informazione è una materia prima che la conoscenza deve padroneggiare e integrare", una conoscenza "costantemente rivisitata e riveduta dal pensiero", il quale a sua volta "è oggi più che mai il capitale più prezioso per l’individuo e la società". L’indebolimento di una percezione globale conduce all’indebolimento del senso della responsabilità, poiché ciascuno tende a essere responsabile solo del proprio compito specializzato, così come all’indebolimento della solidarietà, poiché ciascuno percepisce solo il legame con la propria città: "la conoscenza tecnica è riservata agli esperti" e "mentre l’esperto perde la capacità di concepire il globale e il fondamentale, il cittadino perde il diritto alla conoscenza".
Secondo Morin è necessario raccogliere queste sfide attraverso la riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero: "è la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame delle due culture disgiunte. Si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, poiché concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza". Per spiegare questo concetto Morin richiama una frase di Michel de Montaigne: "È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". Egli perciò distingue tra "una testa nel quale il sapere è accumulato e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso" e una "testa ben fatta", che comporta "un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso".
Secondo Morin, una "testa ben fatta", mettendo fine alla separazione tra le due culture, consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.
Riguardo alla civiltà occidentale, che è oramai globalizzata, essa ha ormai più effetti negativi che positivi, ed è anch'essa dunque bisognosa di una riforma, e dunque di una politica della civiltà. Gli assi portanti di una tale politica dovrebbero essere l'umanizzazione delle città e la lotta alla desertificazione delle campagne. Una politica della civiltà deve ristabilire solidarietà e responsabilità, e mirare ad una simbiosi tra le diverse civiltà planetarie, raccogliendo il meglio di ciò che ciascuna ha da offrire. Deve infine abbandonare il perseguimento del "di più" a favore del "meglio", abbandonare l'idea quantitativa di crescita generalizzata, per adottarne una qualitativa: la politica della civiltà deve stabilire dove deve esservi crescita, e dove decrescita.

Alcuni suoi Scritti:
  • L'industria culturale: saggio sulla cultura di massa, Il Mulino, Bologna 1963;1974
  • Il paradigma perduto: che cos'è la natura umana? Bompiani, Milano 1974 (poi Feltrinelli, Milano 1994).
  • Il metodo 3. voll., Raffaello Cortina, Milano 1977 (poi Feltrinelli 1983, 1987 (II), 1989).
  • Il rosa e il nero, Spirali, Milano 1984.
  • La vita della vita, Feltrinelli, Milano 1987.
  • Pensare l'Europa (1987), Feltrinelli, Milano 1988, 1990.
  • Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1993.
  • Terra-Patria (in collaborazione con Anne Brigitte Kern) Raffaello Cortina, Milano 1994.
  • I miei demoni, Meltemi, Roma, 1999, 2004.
  • Amore, poesia, saggezza, Armando, Roma 1999.
  • Una politica di civiltà, con Sami Nair, Asterios, 1999.
  • La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina, Milano 2000.
  • Introduzione a una politica dell'uomo, Meltemi, Roma 2000.
  • I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001.
  • Educare gli educatori. Una riforma del pensiero per la democrazia cognitiva, EdUP, 2002.


giovedì 27 dicembre 2012

Buon Anno

Buon Anno
all'Amore
che rende dolce la vita
e che accende sogni
che non sapevamo di avere !

sabato 22 dicembre 2012

Auguri di Buon Natale

  
E’ Natale
E’ Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

Madre Teresa di Calcutta 

martedì 18 dicembre 2012

Renato Castellani


Renato Castellani, Regista cinematografico e sceneggiatore, nato a Varigotti (Savona) il 4 settembre 1913 e morto a Roma il 28 dicembre 1985.
Filmografia:
Una breve stagione(regia) Renato Castellani 1969
Questi fantasmi (2)(regia) Renato Castellani 1967
Controsesso(regia)  Franco Rossi, Marco Ferreri, Renato Castellani 1964
Tre notti d'amore(regia) Franco Rossi, Luigi Comencini, Renato Castellani 1964
Mare matto(regia) Renato Castellani 1963
Il brigante  (regia)  Renato Castellani 1961  ( Scandale)
Nella città l'inferno(regia)  Renato Castellani 1958
I sogni nel cassetto(regia) Renato Castellani 1957
Giulietta e Romeo (regia)  Renato Castellani 1954
Due soldi di speranza(regia) Renato Castellani 1951
È primavera(regia) Renato Castellani 1950
Sotto il sole di Roma(regia) Renato Castellani 1948
Mio figlio professore(regia)Renato Castellani 1946
Zazà (regia)  Renato Castellani 1944
La donna della montagna(regia)  Renato Castellani 1943
Un colpo di pistola(regia)   Renato Castellani   1942


    Tratto da Violetta Spensierata (Polvere di stelle)  di Ezio Scaramuzzino  
                                                
Mentre Castellani imprecava contro di me, lanciandomi una pedata che mi colpì di striscio, qualcuno provvide a portare di corsa l’attrice dal medico Mauro, che la curò, iniettandole un’antitetanica, disinfttando la ferita e applicandovi una garza e un cerotto.
Qualche giorno dopo si stava girando una scena di massa sotto una pioggia artificiale. C’era molta confusione sul set e Castellani impartiva ordini, gridando in un megafono con la sua vocetta stridula, come fosse spiritato. Mi avvicinai a lui, approfittando della confusione, e mi fermai alle sue spalle. Studiai le sue mosse e, come mi accorsi che stava prendendo la rincorsa per precipitarsi chissà dove, infilai il mio piedino destro in mezzo ai suoi.
Il famoso regista, che era un ometto basso e magro, fece dapprima una capriola su se stesso, riuscendo quasi miracolosamente a rimanere in piedi, ma poi perse definitivamente l’equilibrio, navigò scivolando per un paio di metri in un mare di fango e cadde bocconi, lungo disteso sulla strada.
Chi lo soccorse e lo stesso Castellani, quasi irriconoscibile per il fango limaccioso che gli ricopriva il volto, erano convinti che la caduta fosse da addebitarsi alla concitazione del momento. Io intanto, sgattaiolando tra la gente, riuscivo ad allontanarmi. Mi ero vendicato della mancata assunzione come figurante e, soprattutto, cosa che mi bruciava particolarmente, mi ero vendicato della pedata di qualche giorno prima. Eravamo pari, finalmente, anzi, forse, potevo anche mettere in conto un piccolo, ma significativo vantaggio su di lui.

(Molo Renato Castellani a Varigotti (SV)

sabato 15 dicembre 2012

Maison d’Art , l’arte ha un luogo .


Nel suo significato più sublime, l'arte comprende ogni attività umana creativa di espressione estetica, priva di qualsiasi pregiudizio da parte dell'artista (o del gruppo di artisti) che compie l'opera rispetto alla situazione sociale, morale, culturale, etica e religiosa che le masse del suo tempo stanno invece subendo. L'arte indica l'espressione estetica della propria interiorità; in questo senso non v'è concetto di bellezza.

(Foto di Byros )   

sabato 8 dicembre 2012

Chi era Rudolf Steiner ?


Rudolf Steiner (1861- 1925), fondatore della Antroposofia (dal greco «anthropos», uomo, e «sophia» saggezza - una vera e propria scienza dell’umano - ) è a tutt'oggi uno sconosciuto.
Nonostante questo il suo nome si può incontrare sempre più frequentemente negli aspetti sociali e culturali della vita moderna: dall'agricoltura biologica e biodinamica alla pedagogia, dalla medicina all'arte, all'architettura, alla filosofia, all'euritmia... e questo perché non c'è campo del sapere umano dove Steiner non abbia portato un contributo.
Questi nuovi impulsi sono stati da lui forniti ai vari campi dell’operare umano, muovendo sempre dalla centralità dello Spirito; sebbene abbiano in sé la forza di fecondare sempre di più la vita reale ed il nostro avvenire, ancora oggi non sono stati compresi totalmente.
Steiner non ha mai voluto essere un guru o un maestro da seguire fideisticamente. Egli ha sempre cercato di rendere accessibile ad ognuno la sua propria esperienza, con la fiducia che in ogni essere umano ci sono enormi capacità e potenzialità da sviluppare e portare ad espressione; tutta la sua vita e la sua opera testimoniano di questo.
Si può affermare che egli sia stato un grande iniziato del nostro tempo.
Fin dalla prima giovinezza Steiner ebbe in sé l'incrollabile convincimento della realtà dei mondi spirituali, realtà che per lui fu esperienza diretta e di cui volle fare partecipe anche il suo prossimo, nella maniera più concreta e scientifica possibile. Proprio per questo motivo l' Antroposofia fu da lui chiamata Scienza dello Spirito.



L' Arte di Insegnare
Secondo Rudolf Steiner la pedagogia è un'arte e dunque il maestro deve avere una "vocazione" per l'insegnamento. Un buon maestro genera buoni alunni, così come un cattivo maestro ne genera di cattivi. L'insegnamento non è solo un freddo passaggio di informazioni, ma è una relazione tra due esseri umani, in cui uno è assetato di conoscenza e l'altro è votato a trasmettere tutto il proprio sapere, umano ed intellettuale.
« Il nostro obiettivo: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa. »
(Rudolf Steiner)

Secondo Steiner l'educazione è quindi un'arte, l'arte dell'educazione per l'appunto, in cui l'artista è l'insegnante e la sua "opera d'arte" lo studente, un processo il cui culmine è il raggiungimento della libertà.

Link sito Italiano: Rudolf Steiner

martedì 4 dicembre 2012

Ezio scaramuzzino - L'amore perduto

L'amore perduto  dal Blog di Ezio Scaramuzzino 


L’amore perduto
Tonio e Luigino  venivano da Scandale, frequentavano l’ultimo anno del Liceo classico al “Pitagora” di Crotone e stavano insieme a pensione presso un’anziana vedova. Avevano sempre preso  l’autobus per andare a scuola, ma dal mese di gennaio le rispettive famiglie li avevano messi a pensione, per evitare loro la fatica del viaggio e metterli quindi nelle condizioni migliori per affrontare gli esami di maturità. I due non avevano mai brillato negli studi, pur applicandosi coscienziosamente, anche perché negli anni precedenti non si erano mai tirati indietro quando era necessario dare una mano nel lavoro dei campi o in altre incombenze. Le famiglie del resto erano molto modeste e per mantenere quei figli a scuola si erano sobbarcate notevoli sacrifici, che  Tonio e Luigino cercavano di ripagare  con un’applicazione coscienziosa e metodica.
Al mattino si svegliavano non più tardi delle sette, si ripulivano in fretta, prendevano velocemente  la colazione preparata dalla padrona di casa ed arrivavano puntualissimi a scuola per l’inizio delle lezioni. Stavano seduti allo stesso banco in una classe completamente maschile e seguivano con molta attenzione ciò che si faceva, specie le spiegazioni dei professori. Avevano ancora vaghe idee sul loro avvenire, ma sapevano che, qualunque cosa avesse loro riservato il futuro, era necessario studiare, applicarsi, imparare. Quando suonava la campanella dell’uscita, erano tra i primi a varcare il portone ed erano sempre puntuali  per l’ora di pranzo. Studiavano poi tutto il pomeriggio fino all’ora di cena e solo raramente si concedevano il piacere di una passeggiata e qualche volta di un film in uno dei tre cinema della città. Nelle loro passeggiate amavano spingersi verso il mare, soprattutto verso il porto: si soffermavano ad osservare i rari mercantili che attraccavano, oppure le barche dei pescatori, che verso il tramonto depositavano sul molo le cassette stracolme di pesci. A sera, dopo cena, spesso guardavano un po’ di tv su un monumentale apparecchio in bianco e nero, che la padrona di casa teneva in  soggiorno, come omaggio extra rispetto a quanto loro dovuto per la retta mensile.
Tonio e Luigino vivevano così e non chiedevano niente altro alla vita. Forse non immaginavano neppure che si potesse vivere diversamente o che alla loro età si potesse chiedere o pretendere di vivere diversamente.
Un giorno, all’uscita da scuola, ebbero una sorpresa. Stavano ritornando a casa, di fretta come sempre, quando si accorsero che  una ragazza si era affiancata a loro. La meraviglia aumentò quando la ragazza, che aveva appena finito di scartare un pacchettino, fece vedere delle meravigliose frittelle, dicendo con un sorriso:
-Mia madre mi mette sempre qualche frittella di troppo. Posso offrirvene una?
Tonio, che pure era il meno riservato dei due, fu costretto a deglutire prima di poter rispondere, quasi balbettando:
-Certo, grazie.
I due ricevettero una frittella ciascuno, poi l’addentarono e la trovarono veramente squisita, mentre intanto la ragazza salutava con un “ciao” e spariva dietro la prima curva.
Poi arrivarono a casa, mangiarono come sempre, studiarono come sempre, ma per tutta la giornata evitarono di parlare della ragazza, come per un tacito accordo. Dopo qualche giorno la scena si ripetè. I due  solo all’ultimo momento si accorsero della ragazza che, dopo aver offerto le frittelle, volle anche presentarsi:
-Mi chiamo Angela, sono di Cutro e frequento il Chimico. Vado a prendere l’autobus per il ritorno a casa. Voi come vi chiamate?
Tonio e Luigino avevano già addentato la frittella e mancò poco che il cibo andasse di traverso quando riuscirono con qualche difficoltà a dire i loro nomi. Poi Angela salutò e sparì velocemente dietro la prima curva, come l’altra volta.
         Questa volta i due non riuscirono a non parlare di lei. Al pomeriggio, interrompendo la traduzione di una versione latina, Tonio disse:
-Però quelle frittelle sono veramente buone. Ripiene di salami e  formaggi delicati sono veramente una delizia. Vero che a quell’ora, poco prima di pranzo, mi fanno passare un po’ l’appetito, ma ci fa niente. Non trovi?
-Sì, certo, rispose Luigino, e in ogni caso, se questo è il prezzo da pagare per rivedere Angela, ci può anche stare. Sono sicuro che la rivedremo ancora, magari anche presto. Solo che non ci facciamo una bella figura ad accettare sempre, senza mai offrire nulla in cambio.
-Ma che vuoi offrire a quell’ora?, replicò Tonio.
-Non so, bisognerebbe pensarci, concluse Luigino.
         Dopo un paio di giorni i due  stavano ritornando a casa, come sempre. Luigino nella cartella dei libri era riuscito a trovare posto anche per una confezione di pasticcini secchi. Li avevano comprati assieme e si erano raccomandati con il pasticciere che fossero freschi e morbidi: ne avevano anche assaggiati un paio e li avevano trovati squisiti. Quando la ragazza si avvicinò ad offrire le frittelle, Luigino si fece coraggio ed offrì in cambio i pasticcini.
-Ma sono secchi, disse la ragazza, e a quest’ora non riesco a mangiarli!
-Li mangerai al pomeriggio, replicò Luigino, il quale  con decisione mise la confezione nelle mani della ragazza. Che li accettò, li conservò nella sua cartella dei libri e si affrettò poi verso l’autobus.
-Ciao, gridò, mentre si allontanava. Ma voi uscite qualche volta al pomeriggio o studiate sempre?
         Qualche giorno dopo, al mattino Tonio non si alzò dal letto. Disse che aveva un forte mal di testa e che quel giorno non sarebbe andato a scuola. Luigino si meravigliò: altre volte lo aveva visto  andare a scuola anche con la febbre addosso. Ma non fece molte domande. Durante le ore di lezione notò più volte il posto vuoto accanto al suo, ma cercò di non pensarci più di tanto e anzi si sforzò di essere più attento del solito. Sulla strada del ritorno non vide Angela e anche questo lo meravigliò un pochino. Arrivato a casa, non trovò Tonio, il quale arrivò poco dopo di lui e disse di essere andato in farmacia a comprare una medicina.
         Dopo un paio di giorni la cosa si ripetè, ma questa volta Tonio non accampò giustificazioni: disse soltanto che non sarebbe andato a scuola. Quel giorno Luigino, più della volta precedente, si ritrovò a fissare il posto vuoto accanto al suo e  si accorse che non riusciva ad essere attento alle lezioni. La sua mente vagava senza meta su uno sfondo nel quale si intravedevano le immagini di Tonio, di Angela, delle frittelle, dei pasticcini, dei professori e di tante altre cose che occupavano e riempivano le sue giornate. All’uscita da scuola trovò Tonio ed Angela che erano lì ad aspettarlo: si stavano dividendo  l’ultima frittella della giornata e si tenevano per mano. Angela sentì il bisogno di scusarsi per il fatto che non era rimasta una frittella per lui.
-Oggi, disse, mia madre mi ha preparato poche frittelle, ma ne farò preparare di più per domani.
-Non ti preoccupare, rispose Luigino, ci sono cose più importanti delle frittelle.
Al momento dei saluti Tonio e Angela si scambiarono un bacio. 

domenica 2 dicembre 2012

Stilo: Scoperto un villaggio megalitico. Stilo come Stonehenge

Fonte: Calabria Ora

Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo, che fa da confine con le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario. Il leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di “statue giganti” irregolari con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi.

Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando cioè il terreno è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mo’ di labirinto sbarrano più volte l'ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità. Un mondo nel mondo.
E ancor più sorprendente è il fatto che queste difficoltà non hanno fermato due giovani studiosi stilesi, Mario e Alfina Tassone. L’arduità del luogo non ha impedito la scoperta a questi due esperti subacquei, di fama internazionale, appassionati di storia locale e responsabili del Diving Center “Punta Stilo” (http://www.divingcenterpuntastilo.it), istituito circa vent’anni fa nella “Città del Sole” dell’illustre frate domenicano Tommaso Campanella. Qualche voce era giunta alle loro orecchie, ma ad incuriosirli sono state proprio le misteriose geometrie visibili tramite mappe, ricerche documentali e numeriche, programmi di immagini satellitari come Google Earth. E proprio tramite questi strumenti alla mano, Mario e Alfina hanno deciso di sfidare il bosco di Stilo con il dottor Giuseppe Oliva dell’Università della Calabria e con alcuni membri dell’associazione Misteryhunters tra cui i dottori Gioia Aurelio, Gerardo Coppola e Roberto Iera, avventurandosi tra boschi di castagno, lecci e faggi e rovi spinosi per poter mirare questo tesoro nascosto, al segreto dell’incontaminato bosco a cavallo tra le Serre e l’Aspromonte. Là, in cima, c’è la testimonianza probabilmente di un’antica presenza umana: un grande villaggio di pietre forse granitiche con evidenti tracce di quarzo, perfettamente evidenti. Esattamente sono tre le località tutte consecutive che devono essere oggetto di subitanei studi approfonditi.

domenica 25 novembre 2012

Caliti junku - Franco Battiato

CALITI JUNKU naturalmente è un detto in lingua siciliana (nel nostro dialetto è "Jicati canna c'à passa ra china") . Letteralmente “abbassati giunco fino a quando passa la piena da sera a mattina”. Il significato è: "non mettersi contro un ostacolo ma piegarsi temporaneamente fino a quando esso non rappresenta più un pericolo...

sabato 17 novembre 2012

'U JIRI CUNTRAVIENTU - NICOLA PAPARO



'U JIRI CUNTRAVIENTU

S' à tasca ù tieni china di dinari
'u jiri cuntravientu a navicari,
specie si sienti puzza di bufera
e sù stancati i viecchi marinari.
Nè luci tremolanti i 'na candila,
nè longa ì mamma affritta tiritera
hanu sarvatu 'nmari rematuri
nè misse benpagate a bonsignuri.
Sì - cuomu tata dissa - a ra bonura
finiri tu vua priestu l'aratura
lassa 'u vò viecchiu liber'a pasciri
                                                      e 'mpajiaci nu jienc'a ra virzura.

                                         Nicola Paparo 

sabato 10 novembre 2012

De André, in 16 cd note ed emozioni dei suoi lunghi tour


Martedì 13 novembre esce “I CONCERTI” (etichetta Nuvole Production/Sony Music, distribuzione Sony Music – foto di copertina di Renato Longo), la raccolta completa in 16 dischi degli 8 tour di FABRIZIO DE ANDRÉ: il racconto del suo percorso “live” in un cofanetto da collezione, un must have per tutti gli amanti di Faber e della musica d’autore.
Completa il racconto della persona e dell’artista che è stato FABRIZIO DE ANDRÉ un libro illustrato a colori di 192 pagine con la riproduzione di schizzi originali dei palchi, foto di scena, di backstage e d’archivio mai pubblicate, memorabilia, manoscritti e appunti: vere “chicche” per chi ha vissuto almeno un concerto del cantautore genovese e un regalo per chi invece non ha potuto esserci.
Il cofanetto “I CONCERTI” sarà in vendita dal 13 novembre solo nei negozi tradizionali, mentre dalla stessa data su iTunes sarà in vendita solo la versione digitale dei due dischi dedicati al tour “Crêuza de mä” (1984).
“I CONCERTI” raccoglie per la prima volta tutti i live inediti di FABRIZIO DE ANDRÉ in 16 dischi ricchi di rarità. Un appuntamento discografico eccezionale dedicato ai suoi 8 tour (dal 1975 al 1998):
  • 1975/76 “La Bussola – Storia di un impiegato”
  • 1978/79 “+ PFM”
  • 1981/82 “L’indiano”
  • 1984 “Crêuza de mä”
  • 1991 “Le nuvole”
  • 1992/93 “In teatro”
  • 1997 “Anime salve”
  • 1997/98 “Mi innamoravo di tutto”
Due dischi per ogni tournée che ricreano le atmosfere di eventi unici come il debutto a “La Bussola” del 15 marzo 1975, le battute e i parlati di FABRIZIO DE ANDRÉ, pronunciati nel corso di quasi 25 anni di esibizioni dal vivo, le esecuzioni di brani famosi in versione inedita.
www.nuvoleproduction.com - www.sonymusic.it


mercoledì 7 novembre 2012

Tributo pop al Signor G. a dieci anni dalla scomparsa


Da il Fatto Quotidiano
di  | 7 novembre 2012


“E allora è bello/quando tace il water/quando ride un figlio/quando parla Gaber”. Lo cantava qualche decennio fa Enzo Jannacci, che del Signor G è stato amico, compagno di viaggio – fin dagli inizi – ed estimatore indefesso. La canzone, portata anche a Sanremo, si intitola Se me lo dicevi prima. Jannacci usava “parla”, e non “canta”, assai scientemente.
Dal 1970, insieme al coautore e pittore Sandro Luporini, Gaber non si limitava più a cantare. Parlava, affabulava. Provocava e scudisciava. Trent’anni di Teatro Canzone, genere che in Italia prima di loro non c’era. Lontani dalla tivù, dai giornali, dalle radio e da una Rete di là da venire. Clandestini per scelta, carbonari per vocazione. Cantori di dilemmi, strade catartiche e comunisti utopici, che quando parlavano di Maria (cioè dell’amore) chiedevano scusa. Consci che, quantomeno in apparenza, fossero altri gli argomenti da trattare. Giorgio Gaber è morto il primo gennaio 2003, a neanche 64 anni. Nella casa a Montemagno, Versilia. L’amato buen retiro. Tra poco se ne celebrerà il decennale della scomparsa. Usciranno libri (uno, per Mondadori, firmato proprio da Luporini). Si accavalleranno ricorrenze, per omaggiare un gigante della cultura che tutti dicono di conoscere ma che sfugge tuttora all’interpretazione trasversale. Refrattario alla santificazione, incapace di appartenere politicamente, orgoglioso di avere prima inseguito e poi eternato una carriera – e una discografia – non immediatamente avvicinabile. Fabrizio De André, dopo la morte, è diventato (anche troppo) patrimonio di tutti; il Signor G, no.
I ventenni lo conoscono quasi nulla, i trentenni poco. E gli over quaranta, quando riempiva i teatri duecento volte l’anno, non di rado erano distratti. Smarriti tra pensosi alambicchi della ragione e imprecisati palpiti del cuore. “…Io ci sono” è una buona maniera di avvicinarsi al repertorio sconfinato di Gaber-Luporini. Un triplo cd curato dalla Fondazione Gaber, in vendita da martedì prossimo, con cinquanta cover di altrettanti artisti, passati dal 2003 a oggi da Viareggio per l’appuntamento estivo del Festival Gaber. Saranno messe in commercio anche una versione digitale e una deluxe numerata, con l’aggiunta di tre canzoni, tre foto, un libro e due dvd. I puristi – e i gaberiani lo sono: hanno avuto un maestro inflessibile – storceranno il naso di fronte ad alcune presenze aliene (Gigi D’Alessio, Emma, Marco Mengoni, Laura Pausini, Noemi).
Resterà eterno il dibattito se, per allargare la conoscenza di un artista, si debba affidare il repertorio a interpreti nazionalpopolari (ma distanti) o di nicchia (ma attigui). Il dubbio è legittimo ma qui marginale. “…Io ci sono” è cofanetto monumentale e sincero. Gli artisti hanno partecipato gratis, come da prassi del Festival Gaber. Di apici artistici ce ne sono: I reduci di Eugenio Finardi, Se io sapessi di Syria, La festa di Giulio Casale, L’illogica allegria di Ivano Fossati, Buttare lì qualcosa di Cristiano De André, Il conformista di Samuele Bersani. Qualcuno, insoddisfatto per la resa sul palco di Viareggio, ha chiesto di reincidere la sua versione (Gianna NanniniLuciano Ligabue). Altri ci hanno messo l’impegno, smarrendo in buona fede la resa artistica. Il triplo cd contiene anche l’esibizione di Patti Smith, che ha cantato quattro mesi fa in inglese Io come persona (dal cui testo proviene il titolo della raccolta): basta quel brano per giustificare l’acquisto. E non c’è solo quello. La carrellata è sconfinata: da Lucio Dalla ad Adriano Celentano, da Franco Battiato (che curò con Giusto Pio gli arrangiamenti dello spettacolo Polli di allevamento) alla Pfm, da Paola Turci (splendida la sua C’è un’aria) a Jovanotti (dignitosa la sua Si può).

sabato 3 novembre 2012

Al via in novembre la nuova stagione teatrale cittadina

Da: Il Crotonese

Qui il Programma completo

Il ritorno di Lello Arena, di nuovo al fianco di Geppy Gleijeses in "Miseria e nobiltà", l'arrivo di Marisa Laurito, la guerra coniugale di "Kramer contro Kramer" e la comicità di Lillo & Greg nel 13° cartellone allestito dal Teatro Stabile di Calabria

I suoi 13 anni di storia, tra le più lunghe iniziative culturali nate sul territorio, sono per il Teatro Stabile di Calabria lo stimolo a non mollare, nonostante la crisi, nonostante il fisiologico calo di spettatori, nonostante il venir meno del supporto economico delle istituzioni locali. Anche quest'anno, con più difficoltà del passato, il Teatro Stabile diretto da Geppy Gleijeses ha quindi messo in piedi un cartellone, presentato alla stampa questa mattina, martedì 16 ottobre, presso il foyer del teatro Apollo.
Sono ridotti, dai 10 dello scorso anno agli 8 di quest'anno, gli spettacoli proposti dal cartellone dello Stabile che, come nella precedente stagione, è stato composto tenendo conto delle peculiarità del territorio e dei tempi che corrono, tempi difficili nei quali non si ha certo voglia di andare a teatro in cerca di serietà, ma piuttosto di leggerezza e di qualche buona risata. 
La stagione parte in quarta i prossimi 13 e 14 novembre con un classico della commedia brillante, con un tale numero di repliche da essere entrata nel Guinness di primati. Si tratta di "Boeing boeing", la cui versione italiana sarà portata a Crotone da Gianluca Guidi e Gianluca Ramazzotti. Si prosegue il 10 ed 11 dicembre quando andrà in scena un altro classico testo teatrale dal quale negli anni Settanta è stato tratto un altrettanto celebre film con Dustin Hoffman e Meryl Streep: è la lotta coniugale "Kramer contro Kramer", interpretata da Federica Di Martino e Daniele Pecci, amato volto della fiction televisiva.
Il terzo appuntamento esula dalla prosa per addentrarsi nell'affascinante e sensuale mondo del tango: farà tappa all'Apollo il 15 e 16 gennaio prossimi la Compagnia Argentina Roberto Herrera con musiche dal vivo.
Il 5 e 6 febbraio sarà la volta di un titolo che non manca mai nel cartellone dello Stabile: si tratta di"Miseria e nobiltà", di Eduardo Scarpetta. Protagonisti di questo allestimento sono il direttore dello Stabile, Geppy Gleijeses, Lello Arena, Marianella Bargilli ed il giovane crotonese Vincenzo Leto, al suo terzo anno di tournée in una produzione del Teatro Stabile.
L'appuntamento di San Valentino non ha nulla a che fare con il romanticismo, ma bensì con le risate: il 14 e 15 febbraio all'Apollo arriverà il duo comico televisivo Lillo & Greg con l'ultima produzione, dal titolo "Sketch and soda".
"Rumore di acque", lo spettacolo in programma per il 5 e 6 marzo affronta il tema a noi così vicino dei viaggi della speranza che compiono per mare gli immigrati. Affronta un tema contemporaneo, quello dell'utero in affitto, sebbene analizzato in chiave leggera, il penultimo spettacolo di questa stagione,"Questo bimbo a chi lo do?", interpretato da Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza. Conclude la stagione Marisa Laurito, interprete di "Un giorno da signora", liberamente tratto da "Mme la Gimp, novella di Damon Runyon da cui Frank Capra trasse la versione cinematografica "Angeli con la pistola".
Invariati i prezzi dei biglietti: 22 e 20 euro rispettivamente per la poltronissima intera e ridotta, 15 e 13 euro per la poltrona intera e ridotta e 10 euro per la gallerina. E' in corso, presso il botteghino del teatro, la campagna abbonamenti e fino al 25 ottobre gli abbonati alla scorsa stagione potranno esercitare il diritto di prelazione sui posti loro assegnati lo scorso anno.

martedì 16 ottobre 2012

FRANCO BATTIATO Passacaglia


di Michele Nigro

Pochi giorni fa è uscito il singolo “Passacaglia” tratto dal nuovo album di inediti di Franco Battiato intitolato “Apriti Sesamo”.


Ancora una volta il cantautore siciliano fa da ponte tra antico e moderno, tra musica colta e musica popolare, traducendo in suoni contemporanei (suscitando già le perplessità di alcuni puristi e dei soliti nostalgici del periodo pre-sgalambrico) una forma musicale appartenente alla tradizione e che nel corso dei secoli è diventata un vero e proprio genere musicale: la passacaglia appunto. Battiato si è ispirato, rielaborandola sia dal punto di vista musicale che testuale, alla Passacaglia della vita di Stefano Landi (1587 – 1639), già rivisitata tempo fa, ma senza subire grandi trasformazioni, da un altro grande cantautore italiano: Angelo Branduardi.



Il concetto musicale di variazione, caratteristica fondamentale della passacaglia, è applicabile anche alla nostra vita. Il “passare la calle”, ovvero la strada, è un simbolo che non appartiene solo a coloro che vivono e lavorano in strada, i musicisti girovaghi e i viandanti, ma anche a tutti gli altri esseri viventi che si apprestano, come natura vuole, a lasciare questa vita terrena o più semplicemente a cambiare modo di vivere, evolvendo nel corso dell’esistenza. L’attraversamento quale simbolo di trasformazione di una vita, di una carriera artistica, di un passaggio esistenziale interiore… Anche la morte è un passaggio e non la fine di tutto, ma accettarla non è semplice. Tutto finisce: i governi, gli imperi, le ricchezze, l’interesse nei confronti di un lavoro o la passione per una persona amata, la vita. E la fine può giungere in qualsiasi momento, anche mentre stiamo facendo ciò che desideriamo (come si legge nel testo di Landi: Si more cantando, si more sonando [...] Si more danzando, bevendo, mangiando…).
Quella che segue è un’analisi del tutto personale del testo del brano “Passacaglia” di Franco Battiato e non rappresenta assolutamente un’esegesi definitiva che può compiere solo l’autore. O meglio, gli autori, dal momento che, come accade ormai da anni, la rielaborazione del testo è avvenuta in collaborazione con il filosofo siciliano Manlio Sgalambro. Da notare le parti del testo che ripropongono esattamente, soprattutto nell’incipit, alcuni passaggi della “Passacaglia della vita” di Landi e altre parti in cui Battiato in modo palese personalizza il testo, attingendo elementi dalla propria vita, nonostante il lavoro coautorato con Sgalambro.
Ah come ti inganni
se pensi che gli anni
non han da finire
è breve il gioire
i sani gli infermi
i bravi gli inermi
è un sogno la vita
che passi gradita.
Non importa come tu abbia trascorso la tua esistenza, se sia stato sano o malato, lavoratore o scansafatiche. Un’unica verità accomuna tutti gli esseri viventi e in particolar modo gli esseri umani dotati, a differenza degli altri esseri senzienti, di una coscienza: la vita non dura per sempre – siamo “Di passaggio”, cantava lo stesso Battiato anni fa – l’eventuale gioia che ne trai è breve ed è destinata a finire. Così breve e sfumata da sembrare un sogno; quindi cerca di viverla in maniera gradevole e se possibile utile dal punto di vista della crescita personale.
Vorrei tornare indietro
per rivedere il passato
per comprendere meglio
quello che abbiamo perduto
viviamo in un mondo orribile
siamo in cerca di un’esistenza.
Anche se ci sforziamo di vivere correttamente, veniamo spesso e volentieri colti dalla tentazione di voler tornare indietro, per rifare il percorso, per rivivere meglio periodi della nostra vita durante i quali l’istinto negativo ha prevalso sulla comprensione. Oppure, anche se non abbiamo compiuto gravi errori, semplicemente per rivedere meglio alcune scene che ci sono sfuggite e aiuterebbero a comprendere la nostra vita attuale. Siamo prigionieri del presente e spesso non siamo consapevoli di ciò che abbiamo perduto: gli autori, credo, in questo passaggio non si riferiscono solo a una perdita personale, legata all’arco esistenziale del singolo individuo, ma a un impoverimento dell’umanità che travalica la persona e coinvolge l’essere umano in generale. La regola del “guardarsi indietro” vale anche per l’uomo di altre epoche, ma sembra che l’assurda vita frenetica dell’uomo del terzo millennio abbia aggravato questa perdita di dati esistenziali. Infatti Battiato non esita a dichiarare che viviamo in un mondo orribile: e non si riferisce solo alle cattive notizie dei telegiornali ma allo stile di vita che abbiamo adottato, illudendoci di vivere. Vivere respirando e pagando le tasse non è vivere: la vera esistenza, quella che in pochi ormai cercano con impegno, è tutta un’altra cosa. Forse già la scelta di ricercare un’esistenza superiore sarebbe un segno positivo, rappresenterebbe un tentativo di allontanamento volontario dall’abbrutimento, anche se i risultati, per debolezza o disattenzione, non sempre sono garantiti.

martedì 9 ottobre 2012

EZIO SCARAMUZZINO - Racconta Scandale


Un libro autobiografico quello di Ezio Scaramuzzino , i racconti di una vita come ama definirli l'autore :“Scandale è per me “il paese dell’anima”,il punto di partenza e di arrivo dei miei ricordi,lo specchio e lo sfondo della mia vita”.
L’autore racconta e attraverso il racconto si percepisce  come un uomo di paese non smette mai di essere tale  vive e si ambienta altrove ma il paese se lo porta dentro  insieme  ai ricordi e alle immagini più belle :  emozioni, amori e dolori  .
Trentadue racconti ambientati a Scandale che danno l'opportunità a chi come me è del luogo di capire da dove veniamo, quali scenari e quali situazioni si vivevano in questo paesino fatto di persone semplici.
Un paese con una economia agricola fatta di povertà e di grandi sacrifici ,  ma dove gli abitanti hanno valori ben radicati e  un grande senso della famiglia oltre che un grande senso di appartenenza alla comunità ed al proprio rione, alla "ruva"   .
L’autore è un osservatore attento che scruta l'animo dei personaggi ( realmente esistiti),  veri  protagonisti dei racconti, regalandoci un'analisi accurata di ogni singolo personaggio, così si ha l'opportunità di entrare in contatto con persone che abbiamo in qualche modo conosciuto o delle quali  abbiamo  sentito parlare : Il medico Mauro, Ciccilluzzu, Giuvanni u sartu, il regista Castellani ,Romano Cizza ,Gatanu i Franchinu,.....
Violetta spensierata di Ezio Scaramuzzino è anche un libro sulle tradizioni paesane, che ci fà riscoprire le nostre radici e valorizzare la nostra cultura tradizionale,un libro anche sulle tradizioni della convivialità Scandalese e del Marchesato : "I luminari" . " i giochi della fanciullezza " "La vita nei bar "     "la strada"    "le piazze ".
Un libro  ben scritto che si legge tutto d'un fiato  ogni racconto si conclude con un velo d'ironia e umorismo,quasi un invito da parte dell'autore ad un sorriso, a sorridere della vita nonostante le avversità .   
Il libro del Prof. Ezio Scaramuzzino è stato pubblicato a settembre 2012 si può richiedere, dopo essersi registrati e pagando con carta di credito o carta prepagata, collegandosi al sito ilmiolibro.it -

sabato 6 ottobre 2012

Della Misantropia (Franco Battiato)


di  | 8 giugno 2012
da Il Fatto Quotidiano

La dissoluzione delle società nei loro governi è qualcosa che sta avvenendo sotto i nostri occhi…
…. Questo governo, di cui trionfa il concetto, ogni giorno fa avvertire la sua esistenza, ogni giorno parla di sé e si rende visibile in tutti i modi. Elogia quotidianamente le sue attività e le funzioni in cui si estrinseca il suo essere in maniera indecorosa. Come se si potesse ammirare un individuo che si vantasse ogni giorno delle sue funzioni corporee….
Insomma fa i suoi bisogni in pubblico: orribile….
…. Un punto indiscusso è infatti che tu debba essere governato. Bisogna quindi riportare questo industrioso concetto a ognuno di noi che ne formiamo l’oggetto, e chiedere se ci riteniamo veramente tanto inferiori e incapaci. Chi di noi direbbe: “Io voglio essere governato”? Insomma, se gruppi di miserabili gridano “Vogliamo un governo”, in realtà, presi individualmente, nessuno di loro vorrebbe essere governato. Vorremmo solo amministratori del nostro comune patrimonio, che i politici chiamano società per meglio impadronirsene….
…. Per gli officianti della politica noi siamo anime morte. Possiamo parlare solo attraverso di loro. (Ma la politica e i suoi sacerdoti aspirano a farci anche pensare attraverso di loro). Essi sono come imbuti attraverso cui passano i nostri lamenti già trasformati in liete marcette. Essi vorrebbero ‘rappresentare‘ la mia esistenza, io dubito della loro….
…. E trovo che chi amplia se stesso, chi arriva ad afferrare nell’unità di se stesso tutto quello che vi è, e a trasformare ciò che egli è in ciò che egli ha, non può piu’ tenere in qualche conto i propri simili. Io sono tutti i miei attributi. Che io sia non basta, devo avermi…
…. “Io mi possiedo” diventa il suo punto do forza e ciò attraverso cui può riappropriarsi anche del potere di autorappresentarsi.