sabato 28 maggio 2016

Ignazio Buttitta - Lingua e dialettu.


                                                              ( Profazio - Buttitta)
Lingua e dialettu
Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.

Un populu
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.



Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi.
Mi nn’addugnu ora,
mentri accordu la chitarra du dialettu
ca perdi na corda lu jornu.

Mentre arripezzu
a tila camuluta
ca tissiru i nostri avi
cu lana di pecuri siciliani.

E sugnu poviru:
haiu i dinari
non li pozzu spènniri;
i giuelli
e non li pozzu rigalari;
u cantu
nta gaggia
cu l’ali tagghiati.

Un poviru
c’addatta nte minni strippi
da matri putativa,
chi u chiama figghiu
pi nciuria.

Nuàtri l’avevamu a matri,
nni l’arrubbaru;
aveva i minni a funtana di latti
e ci vìppiru tutti,
ora ci sputanu.

Nni ristò a vuci d’idda,
a cadenza,
a nota vascia
du sonu e du lamentu:
chissi non nni ponnu rubari.

Non nni ponnu rubari,
ma ristamu poviri
e orfani u stissu.

Ignazio Buttitta 
(1970)

martedì 24 maggio 2016

Siamo stati liberati o condannati ?

ALLEATI DI MAFIA DAL 1943… CONTRO L’ITALIA



invasione della Sicilia - foto Robert Capa




di Gianni Lannes



Democrazia inquinata alle radici. Fa niente se i professionisti dell’antimafia perderanno la loro attività ben remunerata di sproloquio a reti unificate che perdura da decenni. La verità sul destino di asservimento di un popolo e di un Paese è sempre sconvolgente, soprattutto quando non è riportata dai libri di scuola ed è imposta da stranieri in armi. In particolare quando si tratta della tua gente che sopravvive eterodiretta da tanto, troppo, e non osa alzare la testa, ma dovrebbe a buon diritto. 

Se avessimo a disposizione una macchina del tempo, sarebbe doveroso tornare all’estate del 1943, ed approdare su una grande isola italiana, per provare a chiarire qualche mistero odierno (alla voce connivenza istituzionale e complicità) sull’occupazione straniera del nostro Paese.

Quali oscure operazioni di spionaggio si celavano dietro lo sbarco anglo-americano in Sicilia del '43? Per invadere la Sicilia, gli anglo-americani, scesero a patti con Cosa Nostra. Parentesi: come ai tempi ingloriosi dello sbarco dei Mille, finanziato e protetto dalla massoneria anglosassone in accordo con la mafia dell’epoca. In tempi più recenti la conquista dell’isola fu sostenuta dalla collaborazione della mafia con i servizi segreti nordamericani. Chi furono i protagonisti di questo accordo sotto banco? Chi erano le spie sbarcate con le truppe del generale Patton? E perché migliaia di soldati italiani si arresero già al primo giorno dell’invasione, due mesi prima dell’8 settembre?

I retroscena vanno dall’accordo tra intelligence di Washington ed il boss mafioso Lucky Luciano per liberare il porto di New York dalle spie naziste e fornire notizie sulla Sicilia, al Piano Corvo, la pianificazione “politica” dello sbarco; dagli inquietanti ritratti dei mafiosi italo-americani e siciliani che popolavano la scena del crimine durante la seconda guerra mondiale, agli uomini del Naval intelligence e dell’OSS e le loro operazioni segrete in Trinacria; dall’insediamento del governo militare alleato alla riorganizzazione della mafia, alla delega dei poteri ai boss locali.

Grazie al gangster Lucky Luciano lo Zio Sam si assicurò il via libera all'operazione Avalanche, una delle tre con cui invasero l'Italia, concedendo in cambio che la mafia ritornasse a governare indisturbata il territorio siciliano, e da lì estendesse i suoi tentacoli al resto d’Europa e del mondo.

I militari U.S.A. erano giunti in Sicilia il 10 luglio 1943, ma già sapevano che si trattava di un luogo speciale. C’è un rapporto del capitano W.E. Scotten consegnato 70 anni fa al generale Usa Julius Holmes: un documento intitolato Memorandum sul problema della mafia in Sicilia. Il documento porta la data del 29 ottobre 1943 - sei pagine custodite nei National Archives di Londra - c´è la prova di un accordo cercato dagli agenti segreti statunitensi e britannici con la mafia siciliana. Uno dei primi, uno dei tanti.
È un documento in cui si ritrovano le tracce di un negoziato fra gli apparati di sicurezza e le "famiglie", sicuramente la genesi di un patto che porterà in Italia - anno dopo anno e strage dopo strage - all´abitudine "trattativista", al dialogo occulto fra poteri politici e poteri criminali. 

Dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) fino all’eliminazione di Enrico Mattei nel 1962, alla strage di Capaci e via D’Amelio nel 1992; dalle spie inglesi agli uomini dei servizi di sicurezza italiani, un intrigo che affonda le sue radici nei mesi che seguirono l´Operazione Husky, nome in codice dell´invasione alleata dell´isola.

È la storia che si tramuta in cronaca sotto i nostri occhi distratti. Vicende remote che si intrecciano con l´attualità più inquietante, le carte del passato che in qualche modo spiegano un presente nebuloso: lunghe e indisturbate latitanze di capi mafiosi (Riina, Provenzano, eccetera), covi immancabilmente protetti, complicità fra alti funzionari dello Stato, intercessioni di ministri, ufficiali dei carabinieri e assassini, massacri di Cosa Nostra e depistaggi, bombe di mafia e di Stato.

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lunedì 23 maggio 2016

Scandale - Amministratori per 5 lustri .


                                                                                
                                       Attuali  Amministratori di Scandale  con il Sindaco 
                                                                                             
Maggioranza :
                                                                                   
IGINIO PINGITORE 
ALESSANDRO RITELLI
SALVATORE ROTA
DANIELE GIOVANNI TRIVIERI
MARIA LUISA ARTESE
FILIPPO LETTIERI
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Minoranza :
ANTONIO BARBERIO
SERAFINA DEMME

Dopo le insistenti voci che parlano delle  possibili dimissioni del Vice-sindaco Rota Salvatore , dopo quelle a suo tempo 
avvenute del Vice-sindaco Ritelli Alessandro , si parla della possibilità di un vice-sindaco esterno !
La legge prevede che in caso di dimissioni del Vicesindaco , il Sindaco ha la possibilità di nominare  o un Consigliere interno o un assessore esterno quale vicesindaco .L’evenienza di individuare il vicesindaco in un assessore esterno, piuttosto che in un componente del consiglio, rientra nella discrezionalità del sindaco (v. art. 46, co. 2 del T.U.E.L. n. 267/2000)
                                              Amministratori precedenti :
                                                                    

Vasovino Carmine 


Brescia Fabio 

Barberio Antonio 

venerdì 20 maggio 2016

Voltarelli canta Profazio



Voltarelli canta Profazio. E' uscito  il libro più cd omaggio al grande cantastorie calabrese. 
E intanto l’artista continua a farsi ambasciatore della musica del Sud nel mondo. 
Fresco d’uscita è il video di presentazione del libro+cd “Peppe Voltarelli canta Profazio” (in libreria dal 13 maggio): “Qui si campa d’aria” per la regia di Giacomo Triglia, un omaggio al maestro del folk revival italiano, custode dei segreti dei cantastorie. Instancabile, Peppe Voltarelli, continua a viaggiare per il mondo portando in giro la tradizione calabra, di cui è robusto cantore, tingendola di nuova luce. La sua voce è quella dei migranti calabresi, dei fratelli lontani, degli amori veraci suggellati dall’appartenenza.

1.La leggenda di Colapesce 4.08 
2. Qua si campa d'aria 5.32
3. La vecchia crapa d'agosto 3.21
4. Mafia e parrini 3.34
5. Lamento del carrettiere 3.11 
6. Lu me paisi 3.22
7. Stornelli calabresi 4.04
8. Santo Stefano 3.37
9. Amuri Amuri  3.58
10. La mafia 3.52
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sabato 7 maggio 2016

Francesco Grisi - Pier Paolo Pasolini - e il loro rapporto con Cutro




Il 4 aprile del 1999 moriva a Todi, all'età di 72 anni, Francesco Grisi, calabrese d'origine (Cutro), come ricorda lui stesso nella prefazione de "Il mantello di Faust" pubblicato nel 1981. "Allora i miei genitori sono calabresi. I primi 15 anni della mia vita li ho trascorsi a Cutro un paese dove nacque l'avventuriero Giovan Dionigi Galeni che con il nome di Occhiali partecipò come generale dei turchi alla battaglia di Lepanto". Sette anni sono trascorsi ma di lui anche dopo la morte si continua a parlare e a scrivere.
Non a caso in occasione del suo quinto anniversario il Centro Studi e Ricerche, dedicato al Grisi e diretto da Francesco Bruni, ha curato l'ultimo suo romanzo inedito "I giorni non si somigliano tutti". L'editore è la casa editrice Pellegrini di Cosenza. Il romanzo, inedito, è stato consegnato al Bruni dallo stesso autore prima di morire e risale agli anni '50.
Anche da parte nostra, dacché avemmo occasione di conoscerlo in vita, un momento di meditazione rapida e spontanea a ricordo della sua memoria. A lenti passi, dopo la sua morte, siamo entrati cautamente nel vasto mondo della sua luminosa intellettualità e quel profeta di se stesso non è morto, vive e con l'eterna sua lezione ancora detta consigli: "Credo in Dio perché ho bisogno di perfezione nella mia disarmonia. E l'aiuto concreto che mi assicura la religiosità accompagna e accresce la pazienza del mio cuore. Mi auguro di non giudicare mai. Amo l'amicizia più dell'amore. Ma l'amore è l'alba che annunzia ogni giorno. Per me la morte è una nuova stagione. Chi muore continua a vivere. Non per il nostro ricordo ma in sé".
Francesco Grisi ha vissuto e lavorato a Roma esercitando numerosi mestieri ed è stato anche docente al liceo ed all'università. Ha viaggiato moltissimo ed ha scritto diversi libri di narrativa e di critica letteraria: "Il mantello di Faust", "Ipotesi per l'intellettuale integrato", "Leggende e racconti popolari della Calabria", "A futura memoria" (romanzo finalista al Premio Strega 1986), "Incontri in libreria", "Avventura del personaggio", "Si tratta di una rosa", "Cronaca di una distrazione", "I sigari di Brissago", "Incontro con i contemporanei", "La protesta di Iacopone de Todi", "Il Natale, storia e leggenda".
Riportiamo una lettera di Riccardo Bacchelli inviata da Milano il 20 maggio '64 a Francesco Grisi in occasione della pubblicazione de "Il brigante di Tacca del Lupo".
"Caro Grisi, l'antologia mi sembra ben riuscita, buona la scelta, che è essa stessa critica e insieme pedagogica, come il volume esige; buoni i momenti, ai quali apporrei semmai d'esser alquanto scarsi e troppo rari; belle, se a me stesse dirlo, la prefazione e le presentazioni, nelle quali troverà chi la accuserà d'essermi troppo benevolo. Però, dico io, è una benevolenza ragionata, critica, e "interessante", e assai originale. Nella nota ho trovato qualche inesattezza storica e due o tre imprecisioni nomenclative. Siccome il Mangella mi dice di sperare in una non troppo lontana ristampa, gli passo una copia del volume coi rilievi in margine. Con i più cordiali e lieti saluti, Bacchelli".
Francesco Grisi è stato un grande testimone della cultura calabrese ed italiana, uno specchio per il Novecento, infatti, nei suoi scritti ha saputo racchiudere magistralmente l'infinito dentro il finito.
                 
                                            
(Pasolini a Cutro negli anni '60)

UNA LETTERA SULLA CALABRIA

Di Pier Paolo Pasolini



Caro direttore,con un pò di ritardo, magari mi vorrei spiegare e sfogare sulle colonne del suo giornale. Ho qui, solo ora, sotto gli occhi dei fogli calabresi di cui mi era stato dato un vago allarme: e su cui sono oggetto di una profonda indignazione. Ho fatto come lo struzzo: non ho voluto saperne di più. Ma adesso quei giornali mi sono capitati fisicamente davanti: e ho dovuto tirar fuori dalla sabbia la testa. Niente di grave né ho passate di ben peggiori, in quest’annata letteraria. Ancora una volta sono stato dichiarato nemico della patria: stavolta perché ho dato dei “banditi” ai calabresi. Veramente, le cose stanno così: ho fatto quest’estate un giro per le spiagge italiane, da Ventimiglia a Trieste, per incarico della rivista Successo, e qui, in tre puntate, ho pubblicato le mie impressioni. Un piccolissimo, stenografato reisebilder: in cui sono andato non oltre la prima cute. Tra le altre spiagge ho visto quelle calabresi: stupende nel versante tirrenico fino a Maratea (e l’ho scritto: stupende); incantate nella parte occidentale dello Jonio (e anche questo l’ho scritto); tremende nella zona di Cutro. Tremende non in quanto spiagge ma in quanto luoghi appartenenti a una fra le più depresse delle aree depresse italiane. Non ho potuto affrontare in una sede come quella di Successo la cosa in termini sociologici, e nemmeno veramente letterari: e così ho un pò scherzato, linguisticamente, come in tutto il resto del mio servizio. Dicendo che la zona di Cutro è quella che mi ha più impressionato in tutto il mio viaggio, ho detto la verità: chiamandola poi zona di “banditi”, ho usato la parola: 1) nel suo etimo; 2) nel significato che essa ha nei film westerns, ossia in un significato puramente coloristico; 3) con profonda simpatia. Fin da bambino, ho sempre tenuto per i banditi contro i poliziotti: figurarsi in questo caso. Ora, purtroppo, alcune persone hanno finto di essersi offese per queste mie innocenti parole: non so perché l’abbiano finto: per ragioni di tattica elettorale, suppongo… E così che si creano i pretesti, le speculazioni politiche, i rancori teologici e magari si armano le mani, oltre che le bocche… non vogliono ammettere che in realtà in Calabria i “banditi” ci sono. E precisiamo questa storia dei “banditi”. Anzitutto, a Cutro, sia ben chiaro, prima di ogni ulteriore considerazione, il quaranta per cento della popolazione è stata privata del diritto al voto perché condannata per furto: questo furto consiste, poi, nell’aver fatto legna nei boschi della tenuta del barone Luigi Barracco. Ora vorrei sapere che cos’altro è questa povera gente se non “bandita” dalla società italiana, che è dalla parte del barone e dei suoi servi politici… la storia della Calabria implica necessariamente il banditismo: se da due millenni essa è una terra dominata, sottogovernata, depressa. Paternalismo e tirannia, dai Bizantini agli Spagnoli, dai Borboni ai fascisti, che cos’altro poteva produrre se non una popolazione nei cui caratteri sociali si mescolano una dolorosa arretratezza e un fiero spirito di rivolta?


martedì 3 maggio 2016

Erri Deluca - Siamo una società senza bussola .


In Italia siamo passati da uno stato di appartenenti a una comunità di cittadini a uno stato

 di appartenenza a una comunità di clienti, cioè di persone che vengono valutate in 
base al loro potere di acquisto. Quando ci si riduce a clienti quelli che prima erano 
dei diritti diventano servizi erogati a chi se lo può permettere. Ecco così che viene a 
determinarsi una situazione di incertezza che frantuma il tessuto sociale, cioè non 
apparteniamo più a una comunità, ma siamo delle persone singole valutate in base 
a quello che hanno in tasca.