Il viaggio in Calabria fu intrapreso da Alexandre Dumas sotto falso nome nell'autunno del
1835, subito dopo aver visitato la Sicilia, in compagnia del pittore
Jadin e del cane Mylord. Lo scrittore, sorpreso da una improvvisa
tempesta che gli impedì di proseguire la navigazione verso nord, fu
costretto a percorrere via terra, da Villa San Giovanni a Cosenza, la
Calabria.
Tappe principali del suo viaggio Scilla, Pizzo, Maida,
Cosenza, durante le quali Dumas non manca di annotare sul suo taccuino
di viaggio notizie storiche e fantastiche. Tra terremoti e piogge
torrenziali, tra racconti gustosi e personaggi singolari, il viaggio di
Dumas si trasforma così in un avventuroso racconto stilato con sagacia
ed ironia.
Estratto da una recensione di Roberto Bertoni
La struttura del romanzo è articolata tramite un'altra metafora
centrale, quella del viaggio; e di nuovo, almeno in parte, collegata al
tema dell'emigrazione. I capitoli sono infatti intitolati PRIMO VIAGGIO,
SECONDO VIAGGIO, TERZO VIAGGIO e QUARTO VIAGGIO; l'introduzione è
denominata PARTENZA e la conclusione comprende la parola SOSTA. Il
viaggio è nel tempo e nello spazio.
Il percorso temporale è relativo alla trasmissione ereditaria di una
locanda, il Fondaco del Fico. Ci sono infatti riferimenti allo scrittore
Dumas, che insieme all'artista Jadin si sarebbe fermato nel 1835 in una
proprietà della famiglia protagonista del romanzo, il Fondaco del Fico,
di cui è rimasto, trasmesso da varie generazioni, uno scrigno
contenente un libro di Dumas e un disegno di Jadin (p. 36 e 197). Il
fondaco del Fico è l'elemento di unificazione epocale: una locanda
appartenuta all'antenato Gioacchino Bellusci, poi passato al figlio di
lui, Focubellu, ma distrutto nel 1865 dall'esercito italiano per
catturare dei briganti che si erano lì rifugiati, dietro un compenso in
danaro insufficiente per ricostruire. Il figlio di Focubellu,
Gioacchino, di ritorno dall'America dove era emigrato, non possedendo
abbastanza denaro per ricostruire il Fondaco, avvia una macelleria, che
trasmette al figlio Giorgio Bellusci, nonno di Florian (pp. 103-11).Il desiderio principale di Giorgio Bellusci è quello di ricostruire il Fondaco. Ci prova, ma la mafia lo minaccia, richiedendo il pizzo, per cui Giorgio perde la testa e uccide chi cerca di perpetraree l'estorsione, dovendo così subire sette anni e mezzo di carcere. Uscito dal carcere, si rimette al lavoro, ma un'esplosione fa saltare la nuova costruzione quasi terminata. Giorgio non si dà per vinto e si rimette al lavoro, fino a quando, in viaggio per la Calabria assieme all'amico fotografo Hans Heumann, vengono tutti e due uccisi dalla mafia: "volevano dimostrare chi è più forte e l'hanno fatto" (p. 150). Il motivo sociopolitico del romanzo, assieme all'immigrazione, è appunto la malavita organizzata e la sua penetrazione nella struttura sociale calabra, con la punizione di chi non si sottomette.
Tutto questo, assieme ad altre notizie sulla vita della famiglia del protagonista (sia quella tedesca che quella calbrese), lo veniamo a sapere poco per volta, in una strutturazione orchestrata con complessità sebbene di agevole lettura e non disposta in modo cronologico. Il primo viaggio è quello di Giorgio Bellusci dalla Calabria alla Puglia per andare a chiedere in sposa Patrizia. È così che Giorgio conosce Hans Neumann negli anni Cinquanta. Il secondo viaggio è quello della madre di Florian per la Germania, dove conosce Klaus, il figlio di Hans, e lo sposa: avranno due figli, Florian e Marco. Il terzo viaggio è quello di Florian a Roccalba, dove decide di andare a vivere dopo la maturità (è a lui che resterà il Fondaco del Fico dopo la morte del nonno); Florian si fidanza con Martina, una giovane di Roccalba con cui alla fine della storia ha costituito una famiglia. Il quarto viaggio è quello di Giorgio e Hans sullo stesso itinerario che già avevano pecorso da giovani e verso la morte.
Altri elementi sono i contrasti, oltre che le unità familiari: la famiglia come microcosmo sociale, più unita quella italiana e con rapporti di distanza tra Klaus e Hans in quella tedesca.
Scritto in un linguaggio standard, ma con questa complessità compositiva e di motivi, e con riferimenti linguistici più alla vita quotidiana e al folclore che ai linguaggi mediatici e televisivi, si tratta senz'altro di un romanzo importante e di buona qualità letteraria.
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