E’ necessario che tutti coloro che hanno il compito di insegnare si portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo.
"Riforma del pensiero" e "Politica della Civiltà"
(civilisation tradotto in italiano è civiltà). L'autore ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una "riforma del pensiero", affrontando le questioni centrali che pone alla base delle sue riflessioni sull'umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori ad un pensiero della complessità.
In Morin è anzitutto fondamentale la distinzione tra civiltà' e cultura. La cultura è l'insieme delle credenze e dei valori caratteristici di una determinata comunità. La civiltà è invece il processo attraverso il quale si trasmettono da una comunità all'altra: le tecniche, i saperi, le scienze.
Morin sostiene che "la cultura, ormai, non solo è frammentata in parti staccate, ma anche spezzata in due blocchi": da una parte la cultura umanistica "che affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze", dall’altra, la cultura scientifica che "separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa". A ciò va aggiunta la sfida sociologica: "l’informazione è una materia prima che la conoscenza deve padroneggiare e integrare", una conoscenza "costantemente rivisitata e riveduta dal pensiero", il quale a sua volta "è oggi più che mai il capitale più prezioso per l’individuo e la società". L’indebolimento di una percezione globale conduce all’indebolimento del senso della responsabilità, poiché ciascuno tende a essere responsabile solo del proprio compito specializzato, così come all’indebolimento della solidarietà, poiché ciascuno percepisce solo il legame con la propria città: "la conoscenza tecnica è riservata agli esperti" e "mentre l’esperto perde la capacità di concepire il globale e il fondamentale, il cittadino perde il diritto alla conoscenza".
Secondo Morin è necessario raccogliere queste sfide attraverso la riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero: "è la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame delle due culture disgiunte. Si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, poiché concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza". Per spiegare questo concetto Morin richiama una frase di Michel de Montaigne: "È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". Egli perciò distingue tra "una testa nel quale il sapere è accumulato e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso" e una "testa ben fatta", che comporta "un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso".
Secondo Morin, una "testa ben fatta", mettendo fine alla separazione tra le due culture, consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.
Riguardo alla civiltà occidentale, che è oramai globalizzata, essa ha ormai più effetti negativi che positivi, ed è anch'essa dunque bisognosa di una riforma, e dunque di una politica della civiltà. Gli assi portanti di una tale politica dovrebbero essere l'umanizzazione delle città e la lotta alla desertificazione delle campagne. Una politica della civiltà deve ristabilire solidarietà e responsabilità, e mirare ad una simbiosi tra le diverse civiltà planetarie, raccogliendo il meglio di ciò che ciascuna ha da offrire. Deve infine abbandonare il perseguimento del "di più" a favore del "meglio", abbandonare l'idea quantitativa di crescita generalizzata, per adottarne una qualitativa: la politica della civiltà deve stabilire dove deve esservi crescita, e dove decrescita.
Riguardo alla civiltà occidentale, che è oramai globalizzata, essa ha ormai più effetti negativi che positivi, ed è anch'essa dunque bisognosa di una riforma, e dunque di una politica della civiltà. Gli assi portanti di una tale politica dovrebbero essere l'umanizzazione delle città e la lotta alla desertificazione delle campagne. Una politica della civiltà deve ristabilire solidarietà e responsabilità, e mirare ad una simbiosi tra le diverse civiltà planetarie, raccogliendo il meglio di ciò che ciascuna ha da offrire. Deve infine abbandonare il perseguimento del "di più" a favore del "meglio", abbandonare l'idea quantitativa di crescita generalizzata, per adottarne una qualitativa: la politica della civiltà deve stabilire dove deve esservi crescita, e dove decrescita.
Alcuni suoi Scritti:
- L'industria culturale: saggio sulla cultura di massa, Il Mulino, Bologna 1963;1974
- Il paradigma perduto: che cos'è la natura umana? Bompiani, Milano 1974 (poi Feltrinelli, Milano 1994).
- Il metodo 3. voll., Raffaello Cortina, Milano 1977 (poi Feltrinelli 1983, 1987 (II), 1989).
- Il rosa e il nero, Spirali, Milano 1984.
- La vita della vita, Feltrinelli, Milano 1987.
- Pensare l'Europa (1987), Feltrinelli, Milano 1988, 1990.
- Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1993.
- Terra-Patria (in collaborazione con Anne Brigitte Kern) Raffaello Cortina, Milano 1994.
- I miei demoni, Meltemi, Roma, 1999, 2004.
- Amore, poesia, saggezza, Armando, Roma 1999.
- Una politica di civiltà, con Sami Nair, Asterios, 1999.
- La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina, Milano 2000.
- Introduzione a una politica dell'uomo, Meltemi, Roma 2000.
- I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001.
- Educare gli educatori. Una riforma del pensiero per la democrazia cognitiva, EdUP, 2002.