L'Odore della Sila
Simone Arminio
My name is Tonino Scapece. I’m from Australia, but
I was born in Policastro, Calabria, Cotrone. Ho ottantuno
anni e due mani grosse come due bibbie. Le
mani di uno che ha lavorato per tutta la vita. Una vita
passata sottoterra, a scavare. Mica facile lavorare
senza mai vedere il sole. È per questo che non ho
paura di niente. E, nonostante l’età e gli acciacchi, alla
fine sono partito. Tutti a dirmi che fai, sei pazzo? Ho
passato tutta la vita sottoterra io, gli ho detto, adesso
fatemi godere il cielo. Vuoi arrivarci prima del tempo,
in cielo? ha risposto mio figlio. No: voglio arrivarci
come dico io.
Tutta una vita a scavare, vi dicevo. Prima per il carbone,
poi con le ferrovie, alla fine per il petrolio.
In Australia ho imparato l’inglese, però lo parlo ancora
oggi a modo mio. E quando sento parlare le mie
figlie e i miei nipoti, ché loro sono nati e pasciuti in
Australia, ho un brivido di orgoglio che mi attraversa
la schiena, dalla noce del collo fino all’osso sacro. Ma
se c’è una cosa che davvero mi dispiace, è che loro
non hanno mai visto la Sila. Non hanno mai visto un
porcino, un fungo coppoluto e nemmeno quell’immensa
aureola che Dio ha voluto posare tra gli alberi,
là, alla Macchia dell’Arpa.
Ho ottantuno anni io, ma non sono mica malato. E
già lo so che, quando verrà il mio tempo, io morirò di
morte naturale. Lascio lo spazio a chi viene dopo,
niente di più e niente di meno. Come gli alberi della
Sila, no? Come i funghi, che se li tagli col coltello poi
ne cresce un altro, e un altro, e un altro ancora.
A questo penso mentre l’aereo, quasi sessant’anni
dopo, mi riporta da Melbourne a Roma. Quando
sono partito, da solo, a sedici anni, facevo il mozzo su
una nave e avevo un baule appresso che era di gran
lunga più grande di me.
Stavolta invece viaggio leggero. Alla hostess ho
detto che non avevo bagagli, e lei non ci poteva credere.
Really sir? mi ha chiesto. Really madame, e qual
è il problema. Solo il vestito che mi vedete indosso. E
gli occhiali per leggere, e una mazzina di soldi nelle
mutande, che non si sa mai. Sono le tre cose che ho
sempre portato con me, per tutta la vita.
Ma in realtà ce ne sono altre due, più segrete.
La prima ve la mostro: eccola qua, vedete? È
un’immagine della Sacra Spina, che si venera dalle
mie parti, e io la tengo da tutta la vita qui, nel taschino
che sta sopra il cuore.
La seconda, eh… come siete ficcanaso! Quella non
si tocca né si vede, caro signore mio. È un odore. Un
odore che solo io posso sentire, che mi è entrato nelle
narici quando avevo tre anni, così forte che poi non è
più uscito.
(Simone Arminio)