Corazzo in un quadro del pittore Alberto Elia
Non sono toponimi nati negli ambienti di
Crotone, o di S. Severina, o di Rocca di Neto, o di Scandale, né
attribuzioni classiche di antica epoca magno-greca; nemmeno termini relativi al
lessico latino di epoca successiva alle guerre puniche, fino a Cassiodoro.
Sono infatti voci di importazione
extraterritoriale del XII secolo. Ed ecco in breve la loro genesi
storica.
Nel 1060 circa veniva fondata a nord di Lamezia
Terme, nei pressi dell'abitato di Castagna, oggi nelle immediate vicinanze del
centro di Soveria Mannelli, l'abbazia di S. Maria di Corazzo, probabilmente
derivata dal monastero della Sambucina. L'individuazione etimologica del
toponimo sembra legata al nome del fiume nel cui alto corso il cenobio insiste:
trattasi del Corace ed il luogo dovette essere nomato in origine coràceus
(aggettivo che indica "appartenente al Corace") che ebbe presto
come esito, nel dialetto romanzo, Corazzo, allo stesso modo come Campìcei diede
luogo a Campizzi (toponimo in agro di Mesoraca).
Il rapporto che intercorre tra questo antico
cenobio e le nostre contrade del crotonese, Corazzo e Corazzello, sarà di
seguito evidenziato.
Squadra di calcio Corazzo estate 1978
Santa Maria di Corazzo, è stata fondata dai
benedettini che insieme ad una grande basilica edificarono un complesso
monastico di notevoli proporzioni. Presto però l'abbazia passò all'ordine
cistercense.
Il dodicesimo secolo fu periodo assai favorevole
per tali aggregazioni religiose; i normanni elargivano alle abbazie beni
immobili che esse sapevano ben governare e trasformare, e le consideravano veri
e propri feudi; il papato, alle spalla, insisteva perché maggior fortuna
avessero le abbazie di rito latino su quelle di rito greco. La politica
religiosa dei normanni mirò, gradualmente, comunque senza scosse e violenza, ad
assecondare tali fini.
Clemente Terzo nel 1189 attribuì all'abbazia
cistercense del Frigillo in Mesoraca le grange basiliane di S.
Maria di Cardopiano, di S. Giovanni in Monticelli e di S. Demetrio, tutte in
agro di Petilia Policastro a cui, successivamente, Federico II aggiunse i
territori Silani di Ciricilla e Caput Tacinae (letter.: Teste di
Tacina). Gli svevi, infatti, proseguirono nella politica normanna di
elargizione di beni a favore di tutti i cenobi calabresi; la stessa Costanza
D'Altavilla concesse a fine XII secolo all'abbazia florenze, già ricca di
territori montani, la tenuta di Vallis Bonae in Sila (Pratesi).
Diplomi imperiali e bolle papali spesso poi riassumevano e riaffermavano, per
tutela legale, i beni delle abbazie.
Beton Smav a Corazzo
La fortuna di Santa Maria di Corazzo ha inizio
già dalla metà del secolo dodicesimo, abbate pro-tempore era Giocchino da
Fiore (poco dopo il 1162), prima che fondasse l' abazia florense suddetta. Qui,
il famoso abate sembra abbia meditato i principi delle sue teorie, tanto
discusse, e si diede da fare perché i lasciti di privati e le elargizioni
imperiali venissero codificate in atti pubblici.
I vistosi e preziosi ruderi oggi ben in vista
nella valle del Corace, che meritano essere ristrutturati e riattati a moderno
Cenobio, una volta erano centro di fede spirituale, ma anche sede da cui
dinamici monaci amministravano numerosi cespiti e grange anche posti a notevoli
distanze (sparsi a macchia di leopardo dalle coste del Tirreno fino a
Strongoli, sullo Ionio), indicavano a dipendenti ed emissari laici le
trasformazioni agricole da operare, curavano il pascolo di numerose greggi, il
commercio di prodotti e derrate; doveva persistervi il febrile fermento
di una azienda moderna, pur essendo il sistema economico legato a schemi
"curtensi" in una società che i normanni infeudavano giorno dopo
giorno.
Squadra di Calcio Corazzo 1979
In quell'epoca vigevano perfino raggruppamenti di monasteri sotto
il controllo di un abate feudatario, detto "visitatore" (Brasacchio),
il tutto voluto dai normanni per la trasformazione fondiaria ed il rilancio
dell'economia, mentre l'ubicazione delle abbazie da essi fondate non solo
rispondevano a fini religiosi, ma anche politici, militari ed economici. Erano,
insomma, tenute in gran considerazione dagli Altavilla, se nell'abbazia di
Santa Eufemia seppellirono le spoglie mortali di Fredesenda, loro madre.
Il prestigio dell'abbazia di S. Maria di Corazzo
accresciuto già per merito di Gioacchino da Fiore raggiunse il massimo
splendore sotto l'impero degli svevi. Nel 1195 Enrico IV le riconobbe il
diritto di pascolo di ben 2000 pecore nel fondo Buciafaro in territorio di
Isola Capo Rizzuto. Nel 1225, Federico II di Svevia, in virtù della legge
"de resignandis privilegis", con cui riaffermava le donazioni operate
nella sua minore età, ai numerosi beni già in possesso dell'abbazia concede
all'abate Milo
- "libera
pascua pro animalibus ipsius monasterii tam in tenimento Campi Longi quam
in tenimento Sacchini et Castellorum Mariis" ;
- i fondi
Foca e Castellace in agro di S. Severina;
- il fondo
alberato detto Sucarello in agro di
Cutro.
Ma qualche mese prima Federico II aveva già
concesso a quell'abbazia, in perpetuum, il tenimentum di
S. Pantaleone in territorio di S. Severina; nel diploma imperiale ne sono
descritti minuziosamente i confini, elencate le clausole di sfruttamento e le
garanzie contro eventuali azioni di disturbo (Brasacchio). Il fondo, di grande
estensione, andava da S. Severina a Scandale ed arrivava fin quasi al fiume
Neto ove tuttora esistono due contrade dai toponimi derivanti dal nome
dell'abbazia a cui otto secoli prima erano appartenute: Corazzo e
Corazzello.
Francesco Cosco
Le foto sono state pubblicate sul sito: Storia di Scandale di Luigi Santoro