Vincenzo Gallo Arcuri, insigne poeta e patriota della nobile terra di Calabria.
Scritto da Raffaele Vacca .
legame tra ispirazione artistica e impegno politico e questo si evidenzia soprattutto tra i
poeti. Proprio Francesco De Sanctis, il grande critico della letteratura italiana, ha parlato
per la prima volta di “romanticismo naturale calabrese” facendo riferimento ad alcuni poeti
formatisi alla sua scuola di estetica letteraria tra i quali anche
Vincenzo Gallo Arcuri.
Vogliamo soffermarci proprio su quest'ultimo (1827-1873) e sul luogo che gli ha dato i natali,
Rocca di Neto
, ricco di memorie illustri nel cuore della nobile Terra del Marchesato di Calabria.
La Madre era di Strongoli (la Petelia di Filottete), dove egli passò la sua fanciullezza, mentre il
Padre, Francesco, medico, era appunto di Rocca di Neto, paesello situato sopra un monte
arenario, sulla riva sinistra del fiume Neto, nell'omonima valle cantata da Teocrito, che
distrutto per il terremoto del 1832, fu riedificato sopra un colle più accessibile, a poca distanza
dalla primitiva sede più a sinistra del fiume. All'età di sette anni, il piccolo Vincenzo insieme con
suo fratello Domenico iniziò ad essere educato da un suo zio che era in Santa Severina, canonico
di quella Basilica; e alcuni anni dopo i due fratelli entrarono in quel seminario dove l'Arcivescovo
Lodovico del Gallo da Lagonegro, cappuccino, aveva chiamato ad insegnare lettere e filosofia i
fratelli Nicola e Giuseppe Mairota, da Castelluccio di Basilicata, due Sacerdoti umanisti di gran
valore. Passò poi a Napoli dove proseguì gli studi e nel 1845 pubblicò un racconto in versi, la
"SCHIAVA GRECA", in terza rima e, un anno dopo, la bella novella "ANSELMO E SOFIA", in otto
canti anch'essi in terzine. Di sentimenti liberali, prese parte ai movimenti politici del 1847 e fu
messo in prigione dove rimase sino al 24 gennaio 1848, quando per l'amnistia generale per reati
politici del Re Borbone fu liberato. Ma il 15 maggio dello stesso anno egli era tra i rivoluzionari
(infuriava la Primavera dei popoli in mezz'Europa per la concessione della costituzione). Da
allora, ricercato dalla Polizia borbonica, se ne tornò nascostamente in Calabria, in Rocca di Neto,
dove viveva la sua Famiglia; ma perseguitato sempre, fuggì di paese in paese e di campagna in
campagna protetto dal favore degli amici finchè, dopo otto anni, fu finalmente assolto. Nel
1861, con l'Unità d'Italia, fu nominato Ispettore Scolastico per il Circondario di Cotrone e
Professore di italiano e pedagogia nella Scuola Normale di Catanzaro di cui divenne anche
Direttore.
Colpito purtroppo da grave malattia, si spense in Rocca il 7 febbraio del 1873 ad appena 46 anni.
Lasciò liriche di argomento patrio e importanti scritti di pedagogia e filosofia, pubblicò una
tragedia, "VANNETTA ORSEOLO" dove nella prima pagina è scritta la seguente dedica “Alla prestantissima per cuore e per mente Signorina Domenica Drammis di Scandale. Questa tragedia che ella fu prima a leggere e generosa a compatire, consacro”.
e, negli ultimi tempi della sua vita, un libro di contenuti
filosofici edito da Barbèra di Firenze, "LA VITA E L'ESSENZA DEL FINE".