venerdì 3 maggio 2013

LA FAMIGLIA

La famiglia è  l'istituzione fondamentale in ogni società umana, fondata sul matrimonio o la convivenza, con i caratteri della esclusività, della stabilità e della responsabilità, attraverso la quale la società stessa si riproduce e perpetua, sia sul piano biologico, sia su quello culturale.

I valori di una famiglia Scandalese nelle parole di Franco Cirillo 

dal sito di Cesare Grisi (scandale-kr.it)





Gli anni ’50 e ‘60 furono anni di grande emigrazione per Scandale, paragonabile agli ultimi dell’800 e ai primi del ‘900 verso gli USA: anni tristi per coloro che dovettero lasciare paese e famiglia, ma allo stesso tempo, anni di opportunità e di progresso economico.
Con grande rammarico e apprensione per un futuro incerto, insieme alla nostra cara mamma, lasciammo la nostra amata Scandale e i nostri parenti il 22 aprile 1960, alla volta di Napoli dove ci imbarcammo sulla M/N Augustus. Dopo un lungo viaggio in mare durato undici giorni, sbarcammo ad Halifax, Nova Scotia, il cinque maggio.
Descrivere questa “crociera”, se così la si vuol chiamare, bisogna avere un pò d’immaginazione. Nel tardo pomeriggio del 23, mentre la nave si staccava dal molo, la banda militare incominciava a suonare una marcia un pò mesta e, man mano che essa si allontanava, scorgevamo una mano lontana che ci sa-lutava: era il nostro caro zio Silvio Noce che sventolava il suo fazzoletto bianco - era stato lui che si era tanto indaffarato per le nostre pratiche e che ci aveva accompagnati. Forse non ci saremmo mai più visti. Dopo quasi un’ora le luci della città sembravano stelle che luccicavano nella distanza. Gli altoparlanti incominciarono a trasmettere della musica che ci avrebbe accompagnati durante tutto il viaggio: brani della Traviata e, a più riprese, quella canzone resa famosa dal grande tenore Beniamino Gigli “Non ti scordar di me”, come se l’Italia ci dicesse: “Non dimenticarti di me”. Partivamo per l’America, quella Terra di “latte e miele” dove l’oro si trovava sui marciapiedi e che i nostri antenati chiamavano ‘A Terra i du rišcuordu”. Ma per noi non fu così. Abbiamo sempre tenuto nel cuore la nostra terra, la nostra Scandale, i nostri amici e parenti. Nelle nostre riunioni di famiglia non manchiamo di ricordarci del nostro paesello, del nostro passato, della gente che non è più con noi. Noi, che più di una volta, siamo ritornati, abbiamo visto lo sviluppo che ha fatto Scandale dopo l’emigrazione. Grazie all’internet, se-guiamo con interesse tutto ciò che succede a Scandale e il coinvolgimento dei giovani nel campo culturale. Di questo ne siamo veramente contenti.
Durante il viaggio in mare ci furono poche soste: Genova, Barcellona, Gibilterra, Lisbona; d’altro non si vedeva che cielo e mare e i delfini che ci accompagnavano. Poi le Isole Azzorre. Chi poteva immaginare che due giovani di queste isole un giorno avrebbero fatto parte della nostra famiglia. Sulla nave non c’era un gran ché di divertimenti per i bambini; dopo tutto si viaggiava in terza classe, quasi al livello dell’acqua, e la nostra non era una nave da crociera: bisognava trascorrere il tempo alla meglio, giocando a carte, scivolando con le sedie e tenendoci dalle corde quando il mare era mosso, o correndo intorno alle piscine in coperta. Non ci era permesso di visitare la prima e la seconda classe perché lì c’era gente ‘più importante’. E’ la prima volta che sentiamo parlare lingue diverse. La mamma soffriva il mal di mare e trascorse tutto il viaggio in cabina. Io, che ero il più grande – avevo sedici anni allora e il più piccolo, Albero, ne aveva cinque- dovevo occuparmi dei più piccoli. Camminavamo a fila Indiana, legati alla mia cintura. Finalmente, due giorni prima dell’arrivo a Halifax, si incominciarono a vedere i gabbiani, segno che la terra era ormai vicina. Fra i passeggeri ci furono momenti di gioia e così, come l’equipaggio di Cristoforo Colombo, potemmo finalmente gridare: “Terra! Terra!”.

Il 5 maggio, all’alba, la nave approda al Pier 21 (Molo 21). Si scende dalla nave. In un grande edificio, oggi Museo dell’Emigrazione, che, con grande emozione, ebbi l’occasione di vistare nel 2009, si passa da un salone ad un altro per la procedura: controllo passaporti, certificato medico, interrogazioni in in-glese con l’assistenza di un interprete – c’è gente di varie nazionalità. Per la prima volta ci viene asse-gnato un numero, il codice fiscale. Si passa alla dogana. Vengono ispezionati i bauli e le valige, alcune di cartone, che contengono i pochi averi che questi poveri emigranti portano con se. Poi, per opera dell’Ufficio Cattolico Canadese per l’Emigrazione, ci vengono dati dei soldi, dei dollari, che sarebbero serviti per il cibo durante il viaggio in treno.
Nel tardo pomeriggio si forma un’altra fila. Ci fanno salire in treno. Ci assegnano i posti in seconda classe. Non ci sono cuccette. I sedili di pelle si possono allungare – per una notte e un giorno questi serviranno da sedile e da lettino fino a Montreal. Qui si cambia sul treno della CNR (Canadian National Railway). Un interprete italiano ci dice che il viaggio per attraversare il Canada dall’Atlantico al Paci-fico dura cinque lunghi giorni. Di nuovo non ci sono cuccette ma sedili di velluto che si allungano e un vagone ristorante. La sola cosa da fare è guardare per i finestrini e ammirare l’immensità di questo Pae-se: le montagne ancora coperte di neve e i laghi, la flora e la fauna, le praterie immense dove già si fa il raccolto del grano – per noi cosa strana perché è ancora primavera - poi le Montagne Rocciose della Columbia Britannica.
All’alba del dieci, il treno attraversa lentamente il ponte arancione che io riconosco da una cartolina – è il Pattullo. Finalmente siamo arrivati a casa. Il treno si ferma nella stazione di New Westminster, a 20 Km da Vancouver. Ad attenderci c’è nostro padre, che non vedavamo da esattamente tre anni: sembra molto più giovane di quando era partito nel ’57, e nostro zio Alberto, emigrato nel 1952. La stanchezza non si fa più sentire. Baci, abbracci, emozione. Siamo molto contenti. La nostra famiglia è di nuovo insieme e nessuna cosa ci separerà mai più.

Incomincia così la nostra vita in Canada. In terra di emigrazione non tutto è oro quello che luccica. La nostra vita, come quella di tutti gli emigrati, non è stata tutta rose, ci sono state anche le spine: una lin-gua sconosciuta, una struttura scolastica diversa dalla nostra con anche un pò di bullismo, gente di na-zionalità, lingue e culture diverse che, come noi, è venuta in cerca di un futuro migliore; gente diversa, ma accogliente, che fa del Canada quel “melting pot” che lo rende noto in tutto il mondo, dove tutti, immigrati o rifugiati, abbiamo gli stessi diritti: praticare la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra religione garantitici dalla Costituzione e dalla Carta dei Diritti Civili.
Nel ’60 la nostra famiglia aumenta di numero con la nascita di Fernando e nel ’63 con la nascita di Rosalba.
Abbiamo perseverato nelle avversità e con l’aiuto di Dio e con la nostra buona volontà siamo riusciti bene nella vita. Io sono professore di lingue romanze e ormai in pensione, Domenico e Alberto sono parrucchieri e proprietari dei propri saloni, Emma è commessa in un negozio di abbigliamento, Italo è carrozziere e Giuseppe editore di riviste e guide telefoniche. Fernando è vetraio con ditta propria, e Rosalba, segretaria di azienda.

Anche se sono trascorsi cinquanta anni da quando lasciammo la nostra patria, ci sentiamo fieri di essere italiani e soprattutto Scandalesi. Come tali, conserviamo il nostro dialetto, la nostra cultura e le nostre tradizioni, specialmente quelle culinarie, che cerchiamo di tramandare ai nostri figli che, come noi, sono fieri di chiamarsi italo-canadesi.
A nome del Clan Cirillo, un caro saluto a tutta Scandale e in particolar modo ai nostri parenti.
Francesco (Ciccio) Cirillo




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