lunedì 24 settembre 2012

Angela Caccia (Cutro) il 1° premio assoluto “Il Convivio 2012”per la silloge poetica “Il ciottolo”



14 settembre 2012


È con vivo compiacimento che apprendiamo del prestigioso riconoscimento ottenuto dalla cara amica poetessa Angela Caccia. Si tratta del 1° premio assoluto per la sezione “Silloge di poesia inedita” al Concorso  Letterario Internazionale “Il Convivio2012”organizzato dall’omonima Accademia Internazionale di Castiglione di Sicilia e presieduta dal prof. Angelo Manitta. Il Concorso, che ha cadenza annuale ed è alla dodicesima edizione, ha visto la partecipazione di 972 artisti di cui 83 stranieri. La prestigiosa giuria, composta da 23 membri, aveva come Presidente onorario Giorgio Barberi Squarotti.
La silloge premiata prende il titolo “Il ciottolo” dall’omonima poesia che vuol significare, con versi riccamente offerti, la sua voglia di riprendere, dopo il tempo interrotto, il cammino interiore segnato dall’amore e da certa sofferenza che in Angela diventa profonda meditazione e ricerca di verità.
Nella lirica Il ciottolo c’è già questo. Leggiamola: “Vivo la mia periferia/ nell’insana nostalgia del centro/ – dice il Cuore.// Mi attraversa il quotidiano / come una pena senza nome/ e pianto i miei passi nel buio/ alla ricerca dell’istante aurorale/ di un boccio di tempo fermato.// Lì si fanno mare i miei rivoli/ e la realtà mostra il suo fodero/ nel cielo caldo di un silenzio/ che zampilla in parole/ forse poesia.// Fuori dall’incanto/ torno un ciottolo assetato di sale.”  

venerdì 21 settembre 2012

Pale eoliche, quanti miliardi al vento

di Antonello Caporale
da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2012



Viaggio dalla Campania alla Puglia, trionfo dell’energia alternativa che ha conquistato tutto il Sud. L’affare di questo inizio di secolo, a favore di pochi intimi


Candela è un paesino che lega la Campania alla Puglia. I viaggiatori diretti a Bari lo incontrano alla sommità dell’Appennino, finita la salita dell’Irpinia d’Oriente. Spalanca gli occhi alla Daunia, li dirige sugli ettari di grano del Tavoliere, verso Foggia. A Candela nessuno pensava fino a vent’anni fa che il vento si potesse anche vendere. Il vento qui ha sempre fatto solo il suo mestiere: soffiare. Soffia quasi sempre, anche duemila ore all’anno. Contano le ore coloro che fanno quattrini col vento. Con un anemometro, un’asta lunga, una specie di ago d’acciaio diretto al cielo, si può conoscere se è buono o cattivo, forte o debole. Se soffia come si deve o se fa i capricci. Se è utile a far fare quattrini, dunque.
Arrivarono le aste e con loro particolari personaggi che organizzavano il mercato del vento. Sviluppatori si chiamavano. Sviluppavano il territorio, certo. Gli agricoltori di Candela ne furono lieti, anche il sindaco e tutta l’amministrazione comunale. C’era la possibilità di ottenere qualche migliaio di euro dalla società che avrebbe innalzato le pale eoliche. E soldi per fare una bella festa patronale per esempio e far venire (altrove era già successo) i cantanti di X Factor finalmente! E anche sostenere la squadra di calcio: divise nuove per tutti!
Pure belle sono le pale. Se le vedi da lontano sembrano rosoni d’acciaio o margherite giganti, dipende dai tuoi occhi, da dove le miri. Fanno la loro figura comunque. Ognuno degli abitanti del vento ha una sua immagine da offrire al pubblico dibattito. A un sindaco del Tarantino, per esempio, parevano simili a mulini a vento: “Abbiamo già il mare e avremo i mulini, delle possibili attrazioni per il nostro territorio sempre danneggiato, vilipeso dal nord”.
Le pale eoliche messe una accanto all’altra formano, come ha sempre spiegato Legambiente, un parco eolico. La parola parco dice tutto: significa ambiente tutelato, prati verdi, cielo azzurro, aria pulita. Finalmente il sud non avrebbe insozzato l’aria, anzi l’avrebbe trattenuta e gestita nel miglior modo possibile. Così a Rocchetta Sant’Antonio iniziarono a mettere le pale che pian piano giunsero fino a Candela, poi si volsero verso Monteverde e Lacedonia, paesi limitrofi. Puntarono in direzione di Foggia, cinsero Sant’Agata di Puglia come un pugno stringe una rosa, s’incamminarono verso Lesina, verso il mare dell’Adriatico.
Pale, pale, pale. Un alluvione di pale che ha conquistato tutto il sud. Loro in cima alle montagne, i pannelli fotovoltaici in terra. Creste d’acciaio in aria, e in basso silicio al posto degli ulivi, come in Salento, silicio invece degli agrumi, come in Calabria. Silicio e non pomodori, o vitigni, o alberi. Silicio in nome dell’energia sostenibile, del Protocollo di Kyoto, delle attività ecocompatibili. In nome del futuro dell’uomo. Conviene dunque partire da qui, dall’Irpinia d’Oriente, epicentro del vento, per illustrare il più straordinario, galattico affare di questo inizio secolo. Per domandare come sia stato possibile costruire una fabbrica di quattrini per pochi intimi, un giro d’affari che nel 2020 toccherà punte multimiliardarie, deviando nelle casse pubbliche qualche spicciolo. L’equivalente di un’elemosina. Come sia potuto accadere che un tesoro collettivo inesauribile è stato ceduto ai privati. Che non una pala, una!, sia veramente e totalmente pubblica. Per volere di chi, grazie a complicità di quali menti, di quali mani, di quali occhi? E in ragione di quale bene comune il bilancio statale ha immaginato di destinare, per sostenere il ciclo vitale dello sviluppo delle rinnovabili, un monte di soldi che, in una puntuale, analitica interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente, la radicale Elisabetta Zamparutti, unica curiosa tra le centinaia di colleghi silenti, stima in circa 230 miliardi di euro. Solo quest’anno, nel tempo feroce della spending review che taglia ospedali e trasporti, trasforma in invisibili gli operai, taglia commesse e finanziamenti e con loro cancella la vita precaria dei precari, si dovranno accantonare altri dieci miliardi di euro da investire nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, le cosiddette Fer. Dieci miliardi! Uno sforzo titanico a cui gli italiani sono chiamati a partecipare versando l’obolo in rate bimestrali attraverso un sovrappiù della bolletta elettrica. Si chiamano incentivi. Erano i famigerati certificati verdi sterilizzati da nuove norme, le cosiddette “aste”. E non ha importanza che la soglia di rinnovabile elettrica sia stata raggiunta impetuosamente con otto anni di anticipo.

sabato 15 settembre 2012

Assange e il futuro del mondo



"Julian Assange, il 15 giugno 2012 capisce che per lui è finita. Si trova a Londra. Gli agenti inglesi l’arresteranno la settimana dopo, lo porteranno a Stoccolma, dove all’aereoporto non verrà prelevato dalle forze di polizia di Sua Maestà la regina di Svezia, bensì da due ufficiali della Cia, e un diplomatico statunitense, i quali avvalendosi di accordi formali tra le due nazioni farà prevalere il “diritto di opzione militare in caso di conflitto bellico dichiarato” sostenendo che Assange è “intervenuto attivamente” all’interno del conflitto Nato-Iraq mentre la guerra era in corso. Lo porteranno direttamente in Usa, nel Texas, dove verrà sottoposto a processo penale per attività terroristiche, chiedendo per lui l’applicazione della pena di morte sulla base del Patriot Act Law. Si consulta con il suo gruppo, fanno la scelta giusta dopo tre giorni di vorticosi scambi di informazioni in tutto il pianeta: “Vai all’ambasciata dell’Ecuador a piedi, con la metropolitana, stai lì”. Alle 9 del mattino del 19 giugno entra nell’ambasciata dell’Ecuador. Nessuna notizia, non lo sa nessuno. Il suo gruppo apre una trattativa con gli agenti inglesi a Londra, con gli svedesi a Stoccolma e con i diplomatici americani a Rio de Janeiro. Raggiungono un accordo: “Evitiamo rischio di attentati e facciamo passare le Olimpiadi, il 13 agosto se ne può andare in Sudamerica, facciamo tutto in silenzio, basta che non se ne parli”. I suoi accettano, ma allo stesso tempo non si fidano degli anglo-americani. Si danno da fare e mettono a segno due favolosi colpi. Il primo il 3 agosto, il secondo il 4.
Il 3 agosto, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del FMI con il suo ministro dell’economia e il ministro degli esteri ecuadoregno Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America), l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela. La Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al FMI con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima. “Con questa tranche, l'Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del FMI che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fossero l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi e siamo in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. Le idee del FMI e della Banca Mondiale sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora, lo sono ancor di più oggi. Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale.”. Subito dopo la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO, coinvolgendo il FMI grazie ai file messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti.

domenica 9 settembre 2012

I RACCONTI DI EZIO SCARAMUZZINO


(Serena Vergano e Anna Filippini a Scandale)

Polvere di stelle

Un giorno di Aprile dei primi anni sessanta, qualcuno al Bar Centrale diede la notizia che entro qualche mese, a Scandale, sarebbe stato girato un film, Il brigante. Si trattava di un film sull’occupazione delle terre nell’immediato secondo dopoguerra, tratto da un bel romanzo di Giuseppe Berto.
L’attesa era spasmodica e ai primi di Giugno arrivarono i camion con le attrezzature, arrivarono i tecnici e soprattutto arrivò il regista del quale tanto si parlava, il famoso Renato Castellani, e poi gli attori protagonisti, Adelmo Di Fraia e Serena Vergano, due giovani promesse di cui si raccontavano mirabilia. Di Castellani già allora si diceva che fosse omosessuale, cosa non infrequente nel mondo del cinema, e qualcuno dava per sicuro che il giovane attore protagonista fosse il suo amante segreto, il che solleticava ulteriormente la curiosità della gente. Aiuto regista era un giovane con i baffetti, che calzava sempre degli stivali, con qualunque tempo, un certo Eriprando Visconti, del tutto sconosciuto, ma che ai più informati evocava il nome del grande Luchino Visconti, del quale in effetti il giovane era nipote, come si venne a sapere subito.
In una piazza fu allestito il set e la vita del piccolo paese fu sconvolta: c’era da passare il tempo e inoltre, cosa che non guastava, c’era da guadagnare qualche soldino, che avrebbe fatto comodo alle nostre tasche in perenne crisi di astinenza. La produzione, a quel che si diceva, pagava bene e molti venivano sottoposti a provini per qualche particina secondaria o, in alternativa, per le scene di massa, che si preannunziavano spettacolari e numerose.
L’anno scolastico intanto era giunto al termine ed anche io mi preparavo a lasciarmi coinvolgere da quell’avventura. L’incipiente consumismo non costringeva ancora la gente a partire per le vacanze e, se qualcuno aveva voglia di un po’ di mare, si limitava a scendere a Crotone per mezza giornata e a sistemare un ombrellone su un tratto di spiaggia libera. Il film si preannunziava come un interessante ed elettrizzante diversivo in un’estate che non sarebbe quindi trascorsa come tutte le altre che l’avevano preceduta.
Per la prima volta nella mia vita potei vedere come si girava un film, conoscere i trucchi del cinema ed assistere dal vivo alle riprese di quelle scene che fino ad allora avevo potuto guardare solo nel chiuso e nel buio di una sala cinematografica. Al mattino, verso le otto, ero già pronto a sistemarmi in una posizione comoda per assistere alle riprese. Conobbi le macchine della pioggia e le macchine del vento, con il lancio di terra davanti alle loro enormi pale per simulare la polvere delle strade. Conobbi il trucco di sistemare dei mortaretti in una traccia sotto terra per simulare i colpi dei mitra e delle pistole. Conobbi l’uso della salsa di pomodoro che simulava il sangue dei morti e dei feriti. Vidi, con mia grande meraviglia, che alcuni attori, quando dovevano dire qualcosa, si limitavano ad elencare dei numeri senza senso, perché il sonoro sarebbe poi stato montato a parte nel chiuso degli studi cinematografici. Assistetti alla ripresa di scene di massa, in cui i contadini del luogo si muovevano seguendo gli ordini impartiti dal regista attraverso un megafono.
Assistetti incantato alle riprese di alcune scene in cui recitava la giovane attrice protagonista, che interpretava il ruolo della donna del brigante, destinata a morire tragicamente nello scontro a fuoco finale con i carabinieri. Quella giovane attrice a me sembrava particolarmente brava e bella e per qualche tempo essa alimentò i miei sogni di adolescente. Immaginai di poter recitare anche io e per qualche tempo sperai che la fortuna, o il caso, mi consentisse di dire almeno qualche battuta davanti alla macchina da presa accanto a lei.

sabato 8 settembre 2012

Daniele Piredda



Stranamica tristezza

A volte mi giungi,
entri,
ti siedi
e mi fissi per ore
attraverso lo specchio;
ed io viaggio a ritroso,
a scovare il motivo
di quello sguardo severo,
di quell'arrivo improvviso.
Ma son tuo vecchio amico,
e non ti faccio domande,
non ti caccio di casa;
ti offro un po del mio tempo
rimanendo in silenzio,
accettando il tuo vizio
di non sapermi avvisare.
Finché arriva il momento
in cui guardo di fuori,
in un mattino di sole
e scopro che sei sparita;
cosi,
com'eri  arrivata
portandoti dietro ogni cosa,
lasciando solo un saluto
sul medesimo vetro.

domenica 2 settembre 2012

Francesco Nuti... e vengo da lontano


Festival di Sanremo "Sarà per te"

Francesco Nuti nasce a Prato il 17 maggio 1955. E' studente quando inizia a esibirsi come attore dilettante, scrivendo da sè i propri testi, cosa che prosegue fino al 1978. Viene notato da Alessandro Benvenuti ed Athina Cenci, coppia già attiva nel panorama cabarettistico con il nome di Giancattivi. Nuti si unisce a loro: in un primo periodo i successi sembrano arrivare copiosi anche grazie a trasmissioni televisive come "Non stop" e "Black Out". 

I Giancattivi approdano al cinema nel 1981 con "Ad ovest di Paperino" (regia di Alessandro Benvenuti): nel film viene riproposto parte del repertorio cabarettistico. 

Nel 1982 Francesco Nuti sceglie di separarsi dai compagni: interpreta tre titoli per la regia di Maurizio Ponzi: "Madonna, che silenzio c'è stasera" (1982), "Io, Chiara e lo Scuro" (1983), "Son contento" (1983). Le pellicole ottengono notevoli incassi e procurano a Francesco Nuti una straordinaria notorietà; in particolare grazie a "Io, Chiara e lo Scuro", una parodia de "Lo spaccone" (1961, con Paul Newman). 

Dal 1985 passa dietro la telecamera: "Casablanca, Casablanca" (1985) è il suo esordio registico dove ammicca garbatamente al mitico film di Bogart-Curtiz e nel quale ripropone i personaggi di "Io, Chiara e lo Scuro"; in seguito scrive, gira e interpreta storie intrise di bizzarro romanticismo come "Tutta colpa del paradiso" (1985) e "Stregati" (1986). Anche i lavori successivi "Caruso Pascoski di padre polacco" (1988), "Donne con le gonne" (1991), "Willi Signori e vengo da lontano" (1989), sembrano ottenere un buon riscontro. 

Una curiosità che non tutti sanno che è emersa durante la consegna di  un premio al festival del peperoncino di  Diamante, Francesco Nuti ha rivelato, di essere molto contento di questa iniziativa - e di questo premio - per le sue origini calabresi: la mamma Anna , infatti, e' nativa di Crotone, per cui esiste un rapporto affettivo molto forte con la Calabria.

Nel 1988 partecipa come cantante al Festival di Sanremo con "Sarà per te", canzone che verrà poi incisa da Mina. Quattro anni più tardi, nel 1992, duetta con Mietta nel brano "Lasciamoci Respirare".