sabato 23 novembre 2013

I toponimi Corazzo e Corazzello del Prof. Francesco Cosco

Corazzo in un quadro del pittore Alberto Elia            


Non sono toponimi nati  negli ambienti di Crotone, o di  S. Severina, o di Rocca di Neto, o di Scandale, né attribuzioni classiche di antica epoca magno-greca; nemmeno termini relativi al lessico latino di epoca successiva alle guerre puniche, fino a Cassiodoro.
Sono infatti voci di importazione extraterritoriale del XII secolo. Ed ecco in breve la loro genesi storica.  
Nel 1060 circa veniva fondata a nord di Lamezia Terme, nei pressi dell'abitato di Castagna, oggi nelle immediate vicinanze del centro di Soveria Mannelli, l'abbazia di S. Maria di Corazzo, probabilmente derivata dal monastero della Sambucina. L'individuazione etimologica del toponimo sembra legata al nome del fiume nel cui alto corso il cenobio insiste: trattasi del Corace ed il luogo dovette essere nomato in  origine coràceus (aggettivo che indica "appartenente al Corace") che ebbe presto come esito, nel dialetto romanzo, Corazzo, allo stesso modo come Campìcei diede luogo a Campizzi (toponimo in agro di Mesoraca).
Il rapporto che intercorre tra questo antico cenobio e le nostre contrade del crotonese, Corazzo e Corazzello, sarà di seguito evidenziato.    
                                            Squadra di calcio Corazzo estate 1978
Santa Maria di Corazzo,  è stata fondata dai benedettini che insieme ad una  grande basilica edificarono un complesso monastico di notevoli proporzioni. Presto però l'abbazia passò all'ordine cistercense.   
Il dodicesimo secolo fu periodo assai favorevole per tali aggregazioni religiose; i normanni elargivano alle abbazie beni immobili che esse sapevano ben governare e trasformare, e le consideravano veri e propri feudi; il papato, alle spalla, insisteva perché maggior fortuna avessero le abbazie di rito latino su quelle di rito greco. La politica religiosa dei normanni mirò, gradualmente, comunque senza scosse e violenza, ad assecondare tali fini.
Clemente Terzo nel 1189 attribuì all'abbazia cistercense del Frigillo in  Mesoraca le grange basiliane di  S. Maria di Cardopiano, di S. Giovanni in Monticelli e di S. Demetrio, tutte in agro di Petilia Policastro a cui, successivamente, Federico II aggiunse  i territori Silani di Ciricilla e Caput Tacinae (letter.: Teste di Tacina). Gli svevi, infatti, proseguirono nella politica normanna di elargizione di beni a favore di tutti i cenobi calabresi; la stessa Costanza D'Altavilla concesse a fine XII secolo all'abbazia florenze, già ricca di territori montani, la tenuta di Vallis Bonae in Sila (Pratesi). Diplomi imperiali e bolle papali spesso poi riassumevano e riaffermavano, per tutela legale, i beni delle abbazie.  
                                                         Beton Smav a Corazzo 
La fortuna di Santa Maria di Corazzo ha inizio già dalla metà del secolo  dodicesimo, abbate pro-tempore era Giocchino da Fiore (poco dopo il 1162), prima che fondasse l' abazia florense suddetta. Qui, il famoso abate sembra abbia meditato i principi delle sue teorie, tanto discusse, e si diede da fare perché i lasciti di privati e le elargizioni imperiali venissero codificate in atti pubblici. 
I vistosi e preziosi ruderi oggi ben in vista nella valle del Corace, che meritano essere ristrutturati e riattati a moderno Cenobio, una volta erano centro di fede spirituale, ma anche sede da cui dinamici monaci amministravano numerosi cespiti e grange anche posti a notevoli distanze (sparsi a macchia di leopardo dalle coste del Tirreno fino a Strongoli, sullo Ionio), indicavano a dipendenti ed emissari laici le trasformazioni agricole da operare, curavano il pascolo di numerose greggi, il commercio di prodotti e derrate;  doveva persistervi il febrile fermento di una azienda moderna, pur essendo il sistema economico legato a schemi "curtensi" in una società che i normanni infeudavano giorno dopo giorno. 

                                               Squadra di Calcio Corazzo 1979
In quell'epoca vigevano perfino raggruppamenti di monasteri sotto il controllo di un abate feudatario, detto "visitatore" (Brasacchio), il tutto voluto dai normanni per la trasformazione fondiaria ed il rilancio dell'economia, mentre l'ubicazione delle abbazie da essi fondate non solo rispondevano a fini religiosi, ma anche politici, militari ed economici. Erano, insomma, tenute in gran considerazione dagli Altavilla, se nell'abbazia di Santa Eufemia seppellirono le spoglie mortali di Fredesenda, loro madre. 

Il prestigio dell'abbazia di S. Maria di Corazzo accresciuto già per merito di Gioacchino da Fiore raggiunse il massimo splendore sotto l'impero degli svevi. Nel 1195 Enrico IV le riconobbe il diritto di pascolo di ben 2000 pecore nel fondo Buciafaro in territorio di Isola Capo Rizzuto. Nel 1225, Federico II di Svevia, in virtù della legge "de resignandis privilegis", con cui riaffermava le donazioni operate nella sua minore età, ai numerosi beni già in possesso dell'abbazia concede all'abate Milo  
  1. "libera pascua pro animalibus ipsius monasterii tam in tenimento Campi Longi quam in tenimento Sacchini et Castellorum Mariis" ;
  2. i fondi Foca e Castellace in agro di S. Severina;
  3. il fondo alberato detto Sucarello in agro di Cutro.        
Ma qualche mese prima Federico II aveva  già concesso  a quell'abbazia, in perpetuum, il tenimentum di S. Pantaleone in territorio di S. Severina; nel diploma imperiale ne sono descritti minuziosamente i confini, elencate le clausole di sfruttamento e le garanzie contro eventuali azioni di disturbo (Brasacchio). Il fondo, di grande estensione, andava da S. Severina a Scandale ed arrivava fin quasi al fiume Neto ove tuttora esistono due contrade dai toponimi derivanti dal nome dell'abbazia a cui otto secoli prima erano appartenute:  Corazzo e Corazzello.   

Francesco Cosco

Le foto sono state pubblicate sul sito: Storia di Scandale di Luigi Santoro


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