lunedì 22 aprile 2013

L’elogio della mediocrità


di Renzo Montagnoli


Se in questo periodo storico c’è una categoria che ha di che essere contenta è quella dei mediocri.
Gente dalle limitate capacità intellettive, sovente non particolarmente laboriosa, anziché avere il destino dell’anonimato che caratterizza gli umili, è improvvisamente diventata una casta con tutti i benefici connessi.
In effetti, chi più del mediocre, elevato a ranghi superiori, sarà un fido scudiero, disposto a servire il suo signore e benefattore?
E così si attribuiscono a loro titoli, prebende, consapevole chi detiene il potere che, proprio per le loro caratteristiche, non potranno mai risultare un pericolo per la stabilità del trono, visto che sono illuminati solo di apparenza e non di sostanza.
Ne abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, in televisione, per la strada, in qualsiasi attività lavorativa e, poiché non costituiscono casi sporadici, ci siamo assuefatti alla loro presenza, alla loro vuota prosopopea, a una certa furbizia a cui si affidano per sopperire alla carenza di materia grigia.
Perfetti cortigiani di un Re Sole che è stato tanto accorto da emarginare i capaci, e quindi pericolosi, trascorrono una vita in cui credono, in perfetta buona fede, di essere degli eletti, delle menti superiori, come anche testimoniato dalle posizioni raggiunte.
In tutto e ovunque è un continuo festival della mediocrità, dai letargici programmi televisivi a inutili opere letterarie a cui vengono conferiti premi, anche di rilievo, per libri che non dicono nulla perché chi li ha scritti non ha nulla da dire.
Proprio in campo letterario si è formata una vera e propria casta di autori che raggiungono successi vertiginosi già con il primo romanzo e che poi, o spariscono dalla scena per manifesta totale incapacità, o si puntellano l’un l’altro, in una sorta di società di mutuo soccorso che galleggia in un limbo di pseudo intellettualità del tutto autoreferenziale.
Per chi tiene le leve del potere costoro sono una manna, con i loro libri in cui nulla si dice di nuovo, oppure nulla proprio si dice, idonei a perpetuare la letargia di molti lettori, attratti più dalla copertina che dal contenuto.
Poiché non c’è mai sostanza, ma solo apparenza, il responso del mercato sarà tanto più favorevole quanto maggiore sarà la pubblicità.
Sempre disponibili a dibattiti da comari, incanteranno con il non senso delle loro parole un pubblico che scambierà un discorso vuoto per un alto concetto, che perdonerà certi svarioni in italiano, chiamandoli nuovo linguaggio, e che si entusiasmerà per il prossimo libro che deve uscire senza aver prima letto, con metodo e attenzione, quelli già pubblicati.
Così, piano piano la valutazione si trasferirà dall’opera all’autore, dalla fatica della lettura di centinaia di pagine ripetitive all’orgasmo psichico di trovarsi davanti a lui, al creatore del lavoro, un bel giovane dalla voce magari sensuale, senza che sia necessario ascoltare quel che dice.
Ecco spiegato un ulteriore motivo di successo dei mediocri, un mezzo indispensabile per sopire menti già quiescenti, in un asservimento ai desideri del potente di cui il mediocre crederà di essere l’artefice senza rendersi conto di essere in verità un altro involontario anello del sistema.

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