CATANZARO «L’indice di alfabetizzazione dei consiglieri regionali della prima legislatura era doppio rispetto a quello degli attuali inquilini di Palazzo Campanella. Nella prima legislatura nessun consigliere regionale viveva di politica, oggi ben quindici non hanno mai presentato alcun reddito da lavoro dipendente. Non hanno mai conosciuto, neanche per un giorno, la dimensione del lavoro. A questi si aggiungano due consiglieri regionali che hanno “lavorato” ma come calciatori in categorie dilettanti e semiprofessionistiche». È uno stralcio del primo capitolo di “Casta calabra”, il volume edito da Falco e scritto da Paolo Pollichieni, direttore del Corriere della Calabria, con Eugenio Furia, Giampaolo Latella, Pablo Petrasso e Antonio Ricchio. Il libro prende le mosse da un dialogo surreale avvenuto a Palazzo Campanella nel giorno in cui il consiglio regionale, per difendere comuni interessi di “casta”, si organizzò per “condannare” un'inchiesta di “Presa diretta”, trasmissione di Riccardo Iacona. Un perfetto esempio di trasversalismo. Lo stesso trasversalismo che permea tutto il volume, che racconta i guadagni della classe dirigente e ne rivela i privilegi, senza risparmiare alcun aspetto del circuito politico. Una sorta di discesa agli inferi spiega i metodi sfruttati per costruire il consenso, racconta l'inciucio dinamico e i (falsi) tagli ai costi della politica, le auto-nomine e la trasformazione di alcuni enti strumentali in aziende di famiglia. Caste e sottocaste sono passate al setaccio insieme con le dinastie del potere calabrese, i buchi neri dell'elefantiaca burocrazia regionale, i silenzi (uniti agli scandali) delle università nostrane e il famigerato “modello Reggio” (che diventa “modello Peggio”). Un panorama desolante, specie se confrontato alla temperie morale dei padri nobili del regionalismo calabrese. Un capitolo è riservato anche a loro. Perché, anche se è complicato, si può continuare a sperare.
Da Corriere della Calabria.
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