venerdì 14 ottobre 2011

KURT MARTI - Orazioni Funebri - Un libro che sarebbe piaciuto a De Andre'


Il suo obiettivo è “allargare l’area del contrasto”, il suo credo praticare la dissidenza, il suo gioco preferito sovvertire le regole, che siano sociali o sintattiche. Dalla sonnolenta e ricca Svizzera si leva alta una voce, coraggiosa e provocatoria: è quella di Kurt Marti, “poeta asociale”, grande innovatore, cantore dei diseredati e degli sconfitti. Una voce che, paradossalmente, appartiene a un uomo che dovrebbe predicare proprio quell’ordine che si ostina a stravolgere: Marti è un pastore protestante. Ideatore di un linguaggio modernissimo, Kurt Marti è strettamente legato ai due movimenti d’avanguardia che sono nati e si sono sviluppati in Svizzera nel Novecento: il dadaismo e la poesia concreta. Delle provocazioni antiborghesi dei dadaisti Marti condivide l’indignazione morale; ma è soprattutto dal secondo movimento d’avanguardia svizzero che mutua la pratica della decomposizione del linguaggio e dello sgretolamento della costruzione sintattica.
Le sue Orazioni Funebri, per la prima volta pubblicate in Italia, sono altamente sovversive: ogni certezza consolatoria viene azzerata; la morte, paradossalmente, è assente: nei versi irrompe continuamente la vita. In questa piccola Spoon River elvetica vengono ricordati soprattutto gli “alternativi” e gli sconfitti, e le virtù che vengono celebrate sono la trasgressione, il sottrarsi alla norma sociale e il coraggio della felicità; mentre le virtù che la società normalmente esalta (efficienza, conformismo, obbedienza) vengono additate dal poeta come causa della morte in vita. “Fratelli amatissimi, noi comandiamo troppo, ubbidiamo troppo, viviamo troppo poco”, scrive Kurt Marti. Un poeta provocatorio i cui versi controcorrente, oggi, suonano come il più rivoluzionario dei manifesti No Global.

Mi pare che difficilmente potrà esserci un personaggio da paragonare a quello descritto in questa  poesia ! :


che sollievo
poter anche dire almeno una volta:
no non era efficiente
e cambiava spesso lavoro
no non era diligente
e lavorava soltanto
se non aveva altra scelta

se no
preferiva leggere SPORT o PLAYBOY
si piazzava al cinema già al pomeriggio
(EDDIE CONSTANTINE era il suo preferito)
sorseggiava cognac nei caffè all’aperto
meditava sulla grazia delle donne
o sulle colombe sopra il campanile

in primavera vagava
nel verde tenero e sfacciato dei campi
l’estate la passava a pancia all’aria
bene oliato e comodo in piscina
poi in autunno se ne andava
lungo i boschi silenziosi
prima di cercarsi per l’inverno
un lavoro
e un’amica
perché non gli piaceva
passare le feste da solo

che sollievo
in un mondo
che si scardina
per troppa efficienza:
un uomo che ha saputo
godersi i giorni buoni
prima che dopo qualche giorno cattivo
ora
arrivasse per lui l’ultimo.

Kurt Marti


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